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20.05.2019

Il miele, un alimento storico

Sono numerosi i documenti, le leggende, le fonti storiche che testimoniano la conoscenza e l’uso di questo prodotto in tempi molto antichi

Sono numerosi i documenti, le leggende, le fonti storiche che testimoniano la conoscenza e l’uso del miele in tempi molto antichi.

Una pittura rupestre scoperta nei pressi di Valencia in Spagna testimonia che già circa 10 milioni di anni fa l’uomo faceva uso del miele. Questa pittura raffigura una persona sospesa su una liana con una bisaccia e numerose api che le volano intorno mentre sta raccogliendo alcuni favi da un anfratto di roccia.

Quattromila anni fa gli Egizi praticavano l’arte dell’apicoltura, soprattutto lungo il delta del Nilo, seguendo con le proprie arnie la fioritura delle piante. Nelle tombe sono stati ritrovati coppe e vasi ermeticamente chiusi con all’interno miele che aveva conservato le proprie caratteristiche organolettiche. I geroglifici confermano che il miele veniva utilizzato sia come alimento che come rimedio medico.

I Greci lo consideravano il “cibo degli dei” e lo utilizzavano sia per la preparazione di dolci che come offerta votiva per le divinità. I Romani ne importavano grandi quantità da Creta, da Cipro, da Malta e dalla Spagna e lo utilizzavano come dolcificante, sia crudo che cotto, nei dolci, in salse agrodolci e per la preparazione di bevande come la birra e l’idromele.

L’apicoltura fu praticata in maniera artigianale durante tutta l’antichità, ma ebbe un grande sviluppo nel Medioevo, con Carlo Magno che istituì l’obbligo che in ogni podere lavorasse anche un apicoltore con il compito di badare alle api e preparare miele e idromele. Nel Rinascimento il miele era protagonista nei sontuosi banchetti degli aristocratici e per i maestri dell’arte culinaria rappresentava un ingrediente per dare prestigio nelle tavole delle grandi famiglie.

L’importanza alimentare del miele si mantenne fino all’avvento dello zucchero, un prodotto dolcificante, estratto sia dalla canna che dalla barbabietola, più economico del miele.

Per il miele poteva iniziare un periodo di marginalizzazione, invece a partire dall’800 si iniziò a proporre un’apicoltura semi-razionale che permettesse di estrarre il miele senza distruggere i favi e a puntare ad ottenere un prodotto sempre più pulito e libero da sostanze e sapori estranei. Nel ‘900 si sviluppa anche una maggiore attenzione alla provenienza botanica dei mieli che portò, negli anni Settanta, a caratterizzare i mieli unifloreali attraverso l’esplorazione e la quantificazione dei granuli pollinici rimasti come residuo in un miele per dimostrarne la provenienza. Da questo momento in poi non si parla più di “miele” ma di “mieli”. Oggi in Italia ne esistono più di 50 tipi, da quello d’acacia al millefiori, i più comuni, a quello d’arancio, d’eucalipto, di rododendro, di tiglio e di moltissime altre piante e fiori. Riscoperto per le sue proprietà alimentari e terapeutiche, il miele continua oggi ad essere un prezioso collante tra storia, natura e nutrizione.

Non solo miele. Il miele è sicuramente il prodotto più noto del paziente lavoro delle api che raccolgono il nettare dei fiori (o le secrezioni provenienti da parti vive delle piante come la melata), lo trasformano utilizzando sostanze specifiche proprie, lo immagazzinano e poi lo lasciano maturare nei favi dell’alveare.

Ma l’alveare ci offre anche la pappa reale, il principale alimento di cui si nutrono le larve delle api e soprattutto le api regine. Questo prodotto deriva dalla lavorazione del polline da parte delle api nutrici, che lo mischiano a secrezioni ghiandolari. Si ottiene così una sostanza gelatinosa di colore bianco, dal sapore acidulo e lievemente zuccherino che viene inserita all’interno delle celle reali e consumata dalle larve che poi diventeranno api regine. E’ un cibo super proteico e ricco di vitamine che può essere prezioso anche per gli uomini.

La propoli è un mix di resine che le api raccolgono dalle gemme e dalle cortecce delle piante e che lavorano grazie alle loro secrezioni digestive, per poi utilizzarlo come materiale sigillante per prevenire la proliferazione di batteri e organismi nocivi alla salute dell’alveare. Viene considerata un antibiotico naturale, per questo viene utilizzata per le affezioni del cavo orale, della gola e delle vie respiratorie.

Le api operaie utilizzano la peluria che le ricopre e le spazzole di peli rigidi presenti sulle zampe per recuperare la polvere di polline che viene poi trasportata nelle “cestelle del polline” poste nelle zampe posteriori fino all’alveare. Per intercettare le palline di polline raccolte e trasportate dalle api, gli apicoltori applicano – nel periodo in cui se ne prevede una forte raccolta – una “trappola da polline”. Quando entra nell’alveare, quindi, l’ape attraverserà delle restrizioni che ne permetteranno il passaggio solo a patto di perdere il polline. La trappola non intercetterà la totalità del polline così alle api non verrà a mancare il nutrimento. Per la sua ricca composizione il polline è un ottimo integratore alimentare anche per l’uomo, ricco di fermenti lattici, fibre, vitamine e sali minerali.

Le strutture interne dell’alveare sono realizzate con cera d’api che proviene da apposite ghiandole situate nell’addome delle api operaie. Il processo di produzione della cera è molto dispendioso in quanto le api devono consumare una quantità di miele di circa 8-10 volte superiore in peso della cera. La cera d’api grezza viene poi purificata e sbiancata per dare origine alla cera bianca largamente utilizzata per realizzare candele, vernici e prodotti per lucidare mobili e pavimenti e in campo cosmetico, per le sue proprietà emollienti e idratanti.

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