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17.02.2018

Cibo falso, al via la raccolta firme

Una petizione per chiedere al Parlamento Europeo che i consumatori abbiano la possibilità di conoscere da dove arriva qual che portano in tavola

Per fare leva sul patriottismo il tricolore sventola sul 14% delle confezioni alimentari ma in ben il 25% dei prodotti sugli scaffali c’è comunque un richiamo all’italianità che spesso viene sfruttata a sproposito come dimostrano i recenti interventi dell’Antitrust e della Magistratura. È quanto afferma la Coldiretti in occasione dell’avvio della raccolta firme sulla petizione #stopcibofalso contro gli inganni del falso made in Italy, sulla base dei dati dell’Osservatorio lmmagino che ha rilevato le caratteristiche del packaging di 52mila prodotti del mondo del food.

Quasi i 2/3 degli italiani che sono disponibili a pagare almeno fino al 20% in più pur di garantirsi l’italianità del prodotto che si portano a tavola secondo l’indagine Coldiretti/Ixè. Il mercato dei prodotti patriottici è cresciuto nell’ultimo anno del 2,2% e comprende i prodotti con bandiera italiana, con le scritte prodotto in Italia o 100% italiano oltre alle certificazioni di origine Doc/Docg e Dop/Igp. A crescere maggiormente sono però quelli che garantiscono la certezza dell’origine dai vini a denominazione di origine certificata e garantita (Docg) con un balzo dell’11,7% alle denominazioni di origine protetta (Dop) che aumentano del 5,4% secondo le elaborazioni Coldiretti su dati dell’Osservatorio Immagino con anno terminante a giugno 2017.

Per tutelare questo mercato dai troppi inganni nei suoi ultimi interventi l’Autorità Garante della concorrenza ha contestato tra l’altro la presenza della bandiera italiana e della scritta “Product of Italy” su vasetti di Pomodori secchi a filetti e di Frutti del cappero provenienti rispettivamente da Turchia e Marocco perché in entrambe le etichette la presenza di bandiere e di scritte sull’italianità dei prodotti poteva indurre i consumatori a pensare che le conserve fossero preparate con verdure coltivate in Italia, ma la bandiera italiana è stata rimossa anche da tutte le conserve di un’altra azienda che produce “Spicchi di carciofi in olio di girasole” perché nonostante la dicitura “Prodotto e confezionato in Italia” la materia prima risultava importata dall’Egitto.

Un indirizzo che è supportato dagli interventi della Corte di Cassazione che va tuttavia rafforzato da una normativa più stringente come previsto dalle proposte di riforma dei reati alimentari presentate dall’apposita commissione presieduta da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti (www.coldiretti.it) e recepite dal disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri. Un provvedimento che la Coldiretti chiede venga ripreso ed approvato nella prossima legislatura. La riforma Caselli prevede un rafforzamento dell’articolo 517 del Codice Penale sull’uso di nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri atti a indurre in inganno il compratore sull’origine, la provenienza o la qualità dell’opera o del prodotto.

“Il primato italiano nella qualità e nella sicurezza alimentare conquistato grazie all’impegno degli agricoltori e ad una attività di controllo senza uguali nel mondo va difeso di quanti cercano di sfruttare impropriamente il valore aggiunto con l’inganno e le speculazioni” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “l’agricoltura italiana è la più green d’Europa con il maggior numero di prodotti a denominazione di origine Dop/Igp (293), la leadership nel numero di imprese che coltivano biologico (quasi 60mila), ma anche con la minor incidenza di prodotti agroalimentari con residui chimici fuori norma e la decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati”.

 “FAKE” 1 PIATTO SU 4, VIA A MOBILITAZIONE

A rischio “fake” nel carrello della spesa un prodotto alimentare su quattro che non riporta obbligatoriamente l’origine in etichetta, dai salumi alle marmellate, dai ragù ai sottoli, dal succo di frutta al pane fino al latte in polvere per bambini. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti che ha smascherato la lista dei prodotti della spesa più a rischio in occasione dell’avvio della raccolta firme sulla petizione #stopcibofalso per chiedere al Parlamento Europeo che i consumatori abbiano la possibilità di conoscere da dove arriva il cibo che portano in tavola.

Si tratta dell’avvio di una mobilitazione popolare nei confronti dell’Unione Europea per fermare il cibo falso e proteggere la salute, tutelare l’economia, bloccare le speculazioni e difendere l’agricoltura italiana. Nonostante i passi in avanti, infatti, permangono ancora ampie zone d’ombra e ogni giorno rischiano di finire nel piatto alimenti di bassa qualità e origine incerta che mettono a rischio la salute, come dimostrano i ripetuti allarmi alimentari che si propagano rapidamente a livello planetario per la mancanza di trasparenza: dall’ultimo caso del latte in polvere francese alla salmonella per i bambini alla carne di cavallo spacciata per vitello nei ragù, dai prosciutti ottenuti da maiali olandesi alimentati con mangimi alla diossina fino al succo di arance brasiliane trattate con il carbendazim, un pesticida vietato in Europa.

Due prosciutti su tre venduti oggi in Italia provengono da maiali allevati all’estero senza che questo venga evidenziato chiaramente in etichetta dove non è ancora obbligatorio indicare l’origine, come avviene anche per il fiume di 200 milioni di chili di succo di arancia straniero che valica le frontiere e finisce nelle bevande all’insaputa dei consumatori perché in etichetta – sottolinea la Coldiretti – viene segnalato solo il luogo di confezionamento. Un problema che riguarda in realtà tutti i salumi, la frutta trasformata in generale (dalle confetture alle conserve), l’insalata in busta, il pane o i funghi conservati che spesso arrivano dalla Cina, paese ai vertici mondiali per gli allarmi alimentari. Non è un caso che 9 italiani su 10 ritengano importante per la sicurezza alimentare conoscere la provenienza del cibo che consumano, secondo la consultazione on line del Ministero delle Politiche Agricole.

La raccolta di firme rivolta al Presidente del Parlamento Europeo viene avviata da Coldiretti e Fondazione Campagna Amica in ogni farmers’ market d’Italia e on line sui siti www.coldiretti.it e www.campagnamica.it ma sono previste anche iniziative lungo tutta la Penisola. L’indicazione di origine permette di contrastare quelle imitazioni che ogni anno sottraggono 60 miliardi di euro all’economia dell’Italia, consente di prevenire le falsificazioni e le pratiche commerciali sleali che danneggiano la nostra economia, rafforza la lotta alle agromafie e la difesa contro le grandi multinazionali del cibo che hanno interesse ad occultare l’origine delle materie prime.

L’obiettivo è dare la possibilità a livello europeo di estendere l’obbligo di indicare l’origine in etichetta a tutti gli alimenti dopo che l’Italia, affiancata anche da Francia, Portogallo, Grecia, Finlandia, Lituania e Romania, ha già adottato decreti nazionali per disciplinarlo in alcuni prodotti come latte e derivati, grano nella pasta e riso. Una scelta che ha spinto la Commissione Europea ad avviare con quattro anni di ritardo una consultazione pubblica sulle modalità di indicazione dell’origine in etichetta come previsto dal regolamento europeo sulle informazioni ai consumatori n.1169/2011, entrato in vigore nel dicembre 2013. “Adesso occorre vigilare affinché la normativa comunitaria risponda realmente agli interessi dei consumatori e non alle pressioni esercitate dalle lobbies del falso Made in Italy che non si arrendono e vogliono continuare ad ingannare i cittadini cercando di frenare nel nostro Paese l’entrata in vigore di norme di trasparenza e di grande civiltà” afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.

L’obbligo di indicare in etichetta l’origine è una battaglia storica della Coldiretti che con la raccolta di un milione di firme alla legge di iniziativa popolare ha portato all’approvazione della legge n.204 del 3 agosto 2004. L’Italia, sotto il pressing della Coldiretti, il 13 febbraio 2018 ha fatto scattare l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro. A livello comunitario il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto.

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