09.09.2013

?Università, meno iscrizioni. Agraria in controtendenza: +45%

?Il trend positivo della campagna è confermato dagli istituti superiori, con un boom del 29% delle iscrizioni negli istituti professionali agricoli e del 13% negli istituti tecnici di agraria, agroalimentare e agroindustria

Se uno degli effetti più drammatici dall’inizio della crisi è stato il crollo delle nuove iscrizioni all’università (-12,5 per cento in cinque anni), un segnale fortemente positivo arriva dalle immatricolazioni a facoltà come Agraria che – con un +45 per cento – registra il più alto tasso di crescita, in netta controtendenza rispetto ad altri corsi di laurea. È quanto emerge da un’analisi della Coldiretti in occasione della giornata mondiale dell’istruzione e dall’alfabetizzazione dell’Unesco, sulla base di una ricerca Datagiovani relativa agli effetti della recessione sugli Atenei italiani nel periodo dal 2008 ad oggi. 
Le Università del nostro Paese hanno perso negli ultimi cinque anni 40mila immatricolazioni perché le famiglie hanno minori disponibilità economiche per far studiare i figli, ma anche  perché si sta facendo strada tra i giovani una minore convinzione sul fatto che la laurea possa aprire le porte del mercato del lavoro. Una convinzione che non ha riguardato però quelle facoltà maggiormente orientate all’economia reale. La flessione non ha risparmiato neppure le facoltà più tradizionali o negli ultimi anni molto di tendenza, da beni culturali, a scienze della comunicazione, fino a lettere, scienze politiche, scienze dell’economia e della gestione aziendale. 
Il trend positivo della campagna è confermato anche dagli istituti superiori, con un boom del 29 per cento delle iscrizioni negli istituti professionali agricoli e del 13 per cento negli istituti tecnici di agraria, agroalimentare ed agroindustria, secondo una analisi della Coldiretti sui dati relativi alle iscrizioni al primo anno delle scuole secondarie di II grado statali e paritarie per l’anno scolastico 2012/2013 rispetto all’anno precedente. 
Numeri che testimoniano una vera rivoluzione culturale confermata anche dai risultati di un sondaggio Coldiretti/Swg secondo il quale il 38 per cento dei giovani oggi preferirebbe gestire un agriturismo piuttosto che lavorare in una multinazionale (28 per cento) o fare l’impiegato in banca (26 per cento). La crescita di opportunità nel settore agricolo è dovuta al fatto che negli ultimi anni si sono sviluppati all’interno del settore nuovi mestieri con circa il 70 per cento delle imprese giovani che opera in attività multifunzionali: dall’agriturismo alle fattorie didattiche fino agli agriasilo, dalla vendita diretta dei prodotti tipici e del vino alla trasformazione aziendale del latte in formaggio, dell’uva in vino, delle olive in olio, ma anche pane, birra, salumi, agrigelati e addirittura agricosmetici. La domanda di lavoratori si registra, infatti, per figure professionali tradizionali che vanno dal trattorista al taglialegna fino al potatore, ma anche per quelle innovative all’interno dell’impresa agricola come l’addetto alla vendita diretta di prodotti tipici, alla macellazione, alla vinificazione o alla produzione di yogurt e formaggi.  
In Italia sono quasi 59mila le imprese agricole condotte da giovani “under 30” iscritte alla Camere di commercio, dove rappresentano oltre il 7 per cento del totale. “La voglia di campagna – secondo il presidente della Coldiretti Sergio Marini – è una conferma della validità e della modernità del modello di sviluppo agricolo Made in Italy che è fondato sul valorizzazione dell’identità, della qualità, delle specificità e che può rappresentare un riferimento anche per gli altri settori per affrontare e vincere la competizione internazionale. Dentro l’agricoltura non c’è ancora un reddito adeguato ma c’è legittimamente quella visione di futuro e di prospettive e di fiducia che non c’è negli altri settori. Ecco perché aumenta il numero di chi frequenta le scuole di agricoltura”.

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