Negli Stati Uniti i mercati degli agricoltori sono ritenuti così importanti da avere perfino un mega evento nazionale: è la settimana dei farmers market, che nell’edizione 2016 avrà luogo dal 7 al 13 agosto. Un periodo lungo, in cui tutte le realtà locali sono chiamate a promuoversi presso un pubblico più vasto ancora oggi molto meno sensibile, rispetto a quello europeo, verso le tematiche della sicurezza alimentare e del mangiar sano.
All’inizio del 2016 negli Usa i farmers markets erano più di 8.500, con una crescita del 50% rispetto a soli cinque anni fa. “E più questi mercati diventano stabili – si legge nella nota di presentazione dell’evento – maggiori sono i servizi e i benefici che apportano alle loro comunità”. Lungi dall’essere ritenuto una semplice nota di colore, il fenomeno è costantemente monitorato anche a livello scientifico con studi, dati e osservazioni che si focalizzano sia sulle ricadute economiche che su quelle sociali. Diversi spunti sono preziosi anche per i nostri corrispettivi italiani. Eccone alcuni.
La conservazione del contesto rurale
Anche in America tante medie aziende chiudono (95mila tra il 2007 e il 2012) mentre l’età media degli agricoltori Usa cresce fino a sfiorare i 60 anni. I farmers market però hanno dimostrato ottime capacità di invertire questa tendenza, dando a piccole e medie imprese il 10% in più di possibilità di restare sul mercato rispetto ai canali di vendita tradizionale. È stato dimostrato anche che sono una grande opportunità per i giovani che, scegliendoli per il loro business, hanno barriere di ingresso molto più basse e la concreta possibilità di testare efficacemente la risposta del mercato per i loro prodotti. Non è un caso che il 16% di coloro che vendono nei farmers market hanno meno di 35 anni e il 43% di loro ha un’azienda da meno di 10 anni.
Uno stimolo per le economie locali
I farmers market e altre forme di distribuzione locale organizzata generano nelle economie del territorio un ritorno più che triplicato dei loro guadagni rispetto alle catene strutturate della concorrenza. Questo effetto moltiplicatore aiuta a creare lavoro e incrementa le attività produttive. È stato rilevato, ad esempio, che in Iowa e Oklaoma ogni dollaro speso in un farmers market ha portato un aumento tra 0.58 e 1.36 dollari nelle vendite di attività collegate. Secondo Freddy Kaufmann, produttore di salsicce in Florida, “I farmers market sono la più genuina forma di commercio. Vendere in questo genere di mercati ci ha permesso di iniziare gradualmente la nostra attività e focalizzarci sulla costruzione del brand e sulla cura dei clienti. Ci ha dato fiducia. Non saremmo qui oggi senza quel tipo di vendita”.
Il supporto alla salute della comunità
I farmers market garantiscono alle comunità cibi sani, coltivati in maniera ecosostenibile. Come in Italia, sono luoghi di aggregazione dove non si fa solo vendita, ma gli agricoltori e chi lavora con loro incontrano i consumatori per informare ed educare sui temi della nutrizione, dell’agricoltura e della buona cucina. Questo processo virtuoso aumenta il consumo di frutta e verdura, che negli States può considerarsi un successo in sé, se non una vera e propria rivoluzione culturale! Non solo. Negli Usa ai farmers market è riconosciuto perfino un ruolo nell’integrazione tra le varie razze, con ricadute molto positive sulle dinamiche sociali locali. Da alcuni studi emerge anche una diversa attitudine nella frequentazione dei farmers market da parte dei consumatori americani: al supermercato si va più frequentemente da soli mentre ai mercati contadini si va spesso in compagnia, quasi fosse una festa.
La promozione della sostenibilità
I farmers market creano nuove opportunità di business per gli agricoltori interessati a vendere cibi prodotti in maniera più “naturale”. Questo aiuta a proteggere l’ambiente, la salute pubblica, le comunità locali e il benessere animale. Negli Stati Uniti quasi la metà dei farmers market vendono cibi a marchio bio ma, ancor di più, prodotti privi di pesticidi o altre sostanze chimiche. Qui le distanze sono enormemente più grandi rispetto all’Italia, ma ci si sforza comunque di seguire la filosofia del km zero. Se infatti in media un prodotto agroalimentare viaggia per 1.000 miglia dalla produzione al negozio di dettaglio, gli agricoltori che portano i loro cibi nei farmers market riescono a mantenersi entro le 200 mentre i più virtuosi arrivano a sole 50 miglia. Più in generale, i prodotti con un mercato locale o regionale percorrono distanze di 27 volte inferiori rispetto a quelli convenzionali.
L’importanza della comunicazione
Il sito dove viene presentata l’iniziativa –
www.farmersmarketcoalition.org – è una perfetta “macchina da guerra”, in cui si viene assistititi passo dopo passo nella promozione del singolo evento locale. Qui vengono forniti anche agli operatori gli argomenti giusti per presentarsi al meglio sul mercato. Siamo in un Paese dove qualsiasi attività economica è fortemente competitiva e quindi, per emergere, ogni potenzialità positiva viene messa massimamente in risalto. Ma c’è anche l’immancabile aspetto ludico e social. Oltre ai soliti gadget e tatoo, gli organizzatori hanno previsto un “contest” per il migliore poster, mentre per gli appassionati di Istagram c’è il concorso #LoveMyMarket.