04.10.2021

Fermo pesca, stop al pesce fresco nel Tirreno

Blocco delle attività della flotta italiana nel tratto tra Livorno e Imperia dal 4 ottobre fino al 2 novembre

Stop al pesce fresco nell’alto Tirreno per l’avvio del fermo pesca che porta al blocco delle attività della flotta italiana nel tratto tra Livorno e Imperia. A darne notizia è Coldiretti Impresapesca in occasione dell’entrata in atto del provvedimento che dal 4 ottobre fino al 2 novembre impedirà l’uscita in mare dei pescherecci nel tratto dalla Toscana alla Liguria, mentre il 5 ottobre tornano all’opera le marinerie della costa che va da Brindisi a Napoli fino a Gaeta. Il fermo cade quest’anno in un momento difficile poiché il blocco dell’attività va a sommarsi all’aumento drastico della riduzione delle giornate di pesca imposta dalla normativa europea, per le imbarcazioni operanti a strascico. Le giornate di effettiva operatività a mare sono scese per alcuni segmenti di flotta, per i segmenti di maggiore tonnellaggio, a circa 140 all’anno, rendendo non più sostenibile l’attività di pesca considerata anche l’assenza di un efficace sistema di ammortizzatori e di valide politiche di mercato capaci di compensare le interruzioni.

Senza la riduzione del periodo fisso di blocco delle attività almeno per l’areale Adriatico, l’apertura alla tutela differenziata di alcune specie e la possibilità per le imprese di scegliere i restanti giorni di stop, come richiesto da Coldiretti Impresapesca, l’assetto del fermo pesca 2021 non risponde ancora alle esigenze delle aziende le quali si trovano ancora costrette a concentrare un attività che deve sostenere l’impresa di pesca per 365 giorni in appena 140-170. Per compensare tali drastiche riduzioni il settore avrebbe bisogno di scegliere autonomamente quando operare e quando fermarsi in base alle condizioni di mercato, alle necessità di manutenzione delle barche o alle ferie del personale. La rigidità del fermo attuale, peraltro, continua a non rispondere alle esigenze della sostenibilità delle principali specie target della pesca nazionale, tanto che lo stato delle risorse nei 35 anni di fermo pesca, per alcune specie, è progressivamente peggiorato, come anche parallelamente lo stato economico delle imprese e dei redditi dei lavoratori. L’auspicio è che dal 2022 si possa partire con il nuovo Feampa con positive novità per mettere in campo un nuovo sistema che tenga realmente conto sia delle esigenze di riproduzione delle specie di maggiore bersaglio e delle esigenze economiche delle marinerie.

Alle problematiche strutturali del settore si aggiungono quelle causate dalla pandemia con un crack da 500 milioni di euro tra produzione invenduta, crollo dei prezzi e chiusura dei ristoranti, senza dimenticare l’aggravio di costi per garantire il rispetto delle misure di distanziamento e sicurezza a bordo delle imbarcazioni. Se si considerano anche gli effetti combinati del surriscaldamento i cambiamenti climatici, delle importazioni selvagge di prodotto straniero e di una burocrazia sempre più asfissiante, il risultato è la perdita nello spazio di un trentennio del 33% delle imprese e di 18.000 posti di lavoro, con la flotta ridotta ad appena 12mila unità e con una vetusta età media del naviglio di circa 36 anni.

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