05.02.2021
La pandemia ha impresso una vera e propria svolta green nei comportamenti degli italiani proprio a partire dalla tavola
L’emergenza sanitaria ha portato più di un italiano su due (55%) a ridurre gli sprechi alimentari, portando in tavola gli avanzi, con un trend favorito dalla maggiore permanenza in casa e ai fornelli per i lockdown e le misure anti-contagio. È quanto emerge dai risultati di un sondaggio condotto sul sito www.coldiretti.it diffusi in occasione della Giornata nazionale contro lo spreco alimentare che si celebra il 5 febbraio.
La pandemia ha impresso una vera e propria svolta green nei comportamenti degli italiani proprio a partire dalla tavola, spinta dal fatto che le misure anti contagio portano la gente a stare di più a casa con il recupero di riti domestici come il cucinare che diventa oltre che necessità quotidiana anche un momento di aggregazione familiare più sicura di un pasto o di un aperitivo in mezzo a estranei o a persone che vivono fuori dal proprio nucleo domestico.
Il risultato è anche un più efficiente utilizzo del cibo che si traduce in una maggiore attenzione agli sprechi. Sulle tavole degli italiani sono così tornati i piatti del giorno dopo come polpette, frittate, pizze farcite, ratatouille e macedonia. Ricette che non sono solo una ottima soluzione per non gettare nella spazzatura gli avanzi, ma aiutano anche a non far sparire tradizioni culinarie del passato secondo una usanza molto diffusa che ha dato origine a piatti diventati simbolo della cultura enogastronomica del territorio come la ribollita toscana, i canederli trentini, la pinza veneta o al sud la frittata di pasta.
Nonostante ciò il problema resta però rilevante con gli sprechi domestici che ammonta ancora a circa 27 kg all’anno procapite secondo Waste Watcher. Tra gli alimenti più colpiti svettano verdura e frutta fresca, seguite da pane fresco, cipolle e aglio, latte e yogurt, formaggi, salse e sughi. Non si tratta quindi solo di un problema etico, ma che determina anche effetti sul piano economico e anche ambientale per l’impatto negativo sul dispendio energetico e sullo smaltimento dei rifiuti.
GAVETTA ANTISPRECO PER IL 53% DEGLI ITALIANI. Il maggior tempo passato in cucina per i lockdown e l’esigenza di ridurre al minimo i contatti per paura dei contagi si riflettono anche sulle abitudini alimentari, con una tendenza alla “autarchia” peraltro favorita anche dalle difficoltà vissute dalla ristorazione. Il risultato è che oltre la metà degli italiani dipendenti si porta il pranzo da casa per consumarlo sul posto di lavoro a distanza di sicurezza dai colleghi. Un altro 27% va a casa a mangiare mentre un 2% si fa consegnare il cibo direttamente in ufficio e un ulteriore 5% va a prenderlo d’asporto. Appena il 4% delle persone approfitta della mensa aziendale e solo il 9% si reca nei bar e ristoranti nelle regioni in cui sono ancora aperti.
La scelta del cibo in gavetta è legata spesso al menu del giorno prima con la tendenza a recuperare gli avanzi, spesso ricorrendo alle ricette della tradizione popolare come polpette, frittate, pizze farcite, ratatouille. Non a caso il 55% degli italiani ha ridotto gli sprechi alimentari, secondo un sondaggio Coldiretti e a confermarlo è anche il calo della quantità di cibo finita nella spazzatura, passato dai quasi 31 chili del 2019 ai 27 chili nel 2020, secondo dati Waste Watcher. Questo significa 222.125 tonnellate di cibo ‘salvato’ e un risparmio di 6 euro pro capite, ovvero 376 milioni di euro a livello nazionale, in un intero anno.
Nonostante ciò il problema resta però rilevante se si considera che nel 2020 sono 5,2 milioni le tonnellate di alimenti finiti nella spazzatura tra quello che si getta tra le mura domestiche e ciò che riguarda tutta la filiera, per un valore complessivo di circa 9,7 miliardi di euro.
Non si tratta solo di un problema economico e anche ambientale ma anche etico se si pensa che sono 4 milioni gli italiani costretti a chiedere aiuto per mangiare nel 2020, un numero praticamente raddoppiato rispetto all’anno precedente, secondo una stima della Coldiretti sulla base dell’ultimo rapporto di attuazione sugli aiuti alimentari distribuiti con il fondo di aiuto agli indigenti (Fead) relativo al periodo 1994-2020. La punta dell’iceberg della situazione di difficoltà in cui si trova un numero crescente di persone costrette a far ricorso alle mense dei poveri e molto più frequentemente ai pacchi alimentari, anche per le limitazioni rese necessarie dall’emergenza sanitaria.