Più di due pesci su tre consumati in Italia provengono dall’estero con il rischio evidente che venga spacciato come
Made in Italy pesce importato, anche perché al ristorante non è obbligatorio indicare la provenienza. È quanto denuncia Coldiretti Impresapesca in occasione dell’incontro “Le frodi: dal mare alla tavola” organizzato a
Slow Fish iniziato a
Genova nel “Porto Antico” con la costituzione del Comitato scientifico Ambiente mare e acque interne. Dal
pangasio del Mekong venduto come
cernia al filetto di
brosme spacciato per
baccalà, fino all’
halibut o la
lenguata senegalese commercializzati come
sogliola, la frode è in agguato sui banchi di vendita dove vige l’obbligo dell’etichetta d’origine, ma soprattutto al ristorante dove la provenienza di quanto si porta in tavola non deve essere indicata. Tra i trucchi nel piatto più diffusi ci sono anche il
polpo del Vietnam spacciato per nostrano, lo
squalo smeriglio venduto come
pesce spada, il
pesce ghiaccio al posto del
bianchetto, il
pagro invece del
dentice rosa o le
vongole turche e i
gamberetti targati Cina, Argentina o Vietnam, dove peraltro è permesso un trattamento con
antibiotici che in Europa sono vietatissime in quanto pericolosi per la salute.
Nel 2014 sono stati importati in Italia oltre 731 milioni di chili di pesci e crostacei, molluschi e altri invertebrati acquatici con un aumento del 4 per cento rispetto all’anno precedente. Da quest’anno è più facile riconoscere il pesce italiano dall’etichetta grazie all’entrata in vigore dei nuovi regolamenti comunitari il 23 dicembre del 2014 con norme relative all’etichettatura per la messa in commercio dei prodotti ittici (Reg. UE n. 1379/2013) e quelle sulla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori (Reg. UE 1169/2011). Per effettuare acquisti di qualità al giusto prezzo il consiglio di Coldiretti Impresapesca è, laddove possibile, di acquistare direttamente dal pescatore o, se da un’attività commerciale, di verificare sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere l’area di pesca (Gsa). Le provenienze da preferire sono quelle dalle Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta). Nelle etichette sarà indicata, inoltre, la tecnica di pesca (come rete, nasse, strascico, lampara) e, su base volontaria, la provenienza esatta di pesci, molluschi e crostacei. Novità anche per quanto riguarda le informazioni sul pesce congelato, con l’obbligo di indicata la data di congelamento. Nel caso di prodotti ittici congelati prima della vendita e successivamente venduti decongelati, la denominazione dell’alimento è accompagnata dalla designazione “decongelato”. I prodotti che possono sembrare costituiti da un unico pezzo di pesce ma che in realtà sono frutto dell’unione di diverse parti attuata grazie ad altri ingredienti (tra cui additivi ed enzimi alimentari oppure mediante sistemi diversi), dovranno recare l’indicazione “pesce ricomposto”. Le maggiori incombenze per i pescatori si traducono in maggiori garanzie di identità del pescato o allevato nazionale che consente ai consumatori di fare scelte di acquisto più consapevoli in grado di riconoscere e premiare il pesce tricolore.