20.05.2020
Nel nostro Paese operano oltre 50mila apicoltori che detengono in totale circa 1,4 milioni di alveari e più di 250.000 sciami
I dati della Banca Dati Apistica, aggiornati al 1 giugno 2019, indicano l’operatività in Italia di oltre 51.000 apicoltori che detengono in totale oltre 1,4 milioni di alveari e più di 250.000 sciami.
Rispetto alla produzione, il 2019 è stato un anno estremamente negativo per l’intera apicoltura nazionale, con solo rare eccezioni relative a specifiche produzioni e areali.
La causa principale di questa situazione è legata ai fattori climatici: mai come quest’anno infatti si sono susseguiti eventi meteorologici estremi accompagnati da episodi anche violenti come grandine, burrasche di vento, esondazioni, che hanno determinato ingenti perdite di produzione, soprattutto per quanto riguarda i mieli primaverili. Gli abbassamenti termici iniziati nella seconda metà di aprile, proseguiti con continue piogge nel mese di maggio, hanno danneggiato le fioriture e ostacolato l’attività delle api, la cui stessa sopravvivenza è stata messa a repentaglio dalla carenza di nutrimento (nettare e polline) nel periodo di massimo sviluppo. L’innalzamento termico giunto nel mese di giugno ha favorito la ripresa delle famiglie e permesso finalmente di ottenere qualche raccolto. Tuttavia l’elevato numero di famiglie indebolite dal prolungato maltempo, dalle intense ondate di caldo accompagnate da venti secchi con scarse precipitazioni hanno inciso negativamente sulle rese nettarifere delle fioriture estive.
Al Nord e al Centro, aree vocate per la produzione di miele di acacia, i raccolti sono stati sostanzialmente azzerati a causa di una primavera fredda e piovosa. Scarsi o quasi inesistenti gli altri raccolti primaverili, come ciliegio, erica, tarassaco e millefiori.
Molto irregolare e generalmente insoddisfacente la produzione di miele di agrumi al Sud. Qui per il secondo anno consecutivo la raccolta del miele di agrumi è stata scarsa, soprattutto in Puglia e in Sicilia. Unica eccezione le zone della costa ionica in Basilicata dove i raccolti sono stati soddisfacenti.
Il castagno ha dato rese generalmente medio-basse nella maggior parte delle regioni, con poche eccezioni, mentre i raccolti di millefiori primaverile sono stati praticamente azzerati dalle condizioni meteo climatiche di inizio stagione. Anche la produzione di millefiori estivo ha risentito dell’estate particolarmente torrida, con temperature sopra la media e assenza di precipitazioni che hanno influito negativamente sulle rese nettarifere.
I dati dell’Osservatorio Nazionale relativi alla produzione annua, confermano le criticità dell’annata 2019: considerando infatti i dati medi produttivi per regioni si arriva ad una produzione nazionale stimata in appena 15.000 tonnellate a fronte di una produzione attesa di 23.000 tonnellate. La perdita produttiva è quindi molto evidente e il conseguente mancato reddito, protratto poi negli anni, va oltre il normale rischio di impresa e può compromettere tutta la struttura produttiva.
Considerando solo le produzioni di acacia e agrumi, si stima un danno economico per il mancato pari a 73 milioni di euro, un valore molto significativo se si considera che l’intera produzione nazionale non supera i 150 milioni di euro.
Dal punto di vista commerciale, i dati sulle vendite a scontrino (ISMEA) ha stimato in oltre 136 milioni di euro il valore di vendita del miele nazionale, sia attraverso la GDO che la vendita al dettaglio, con una dinamica su base annua negativa, per il secondo anno consecutivo, sia rispetto al volume (-3,3%) che al valore (-3%).
Il settore apistico si trova quindi in un grave stato di criticità che mette a rischio l’esistenza stessa delle aziende, anche quelle più strutturate sul piano produttivo e imprenditoriale.
Ad aggravare la situazione c’è anche il problema delle importazioni che negli ultimi 10 anni sono raddoppiate raggiungendo nel 2018, secondo i dati ISTAT, il record di 27.900 tonnellate. Il nostro Paese importa miele per la maggior parte da paesi membri dell’UE (19.080) ma anche da paesi extra-europei (8.753), vendendone quantitativi pari ad un quinto dell’import.
Molto spesso i mieli di importazione si impongono nel mercato perché a basso prezzo. Ma considerando che i prodotti dell’alveare sono di elevato valore e hanno costi di produzione notevoli, per mantenere i prezzi bassi spesso si fa spesso ricorso a tecniche che prevedono “diluizioni”. Ciò che si ottiene è un “miele” che viene commercializzato come tale ma che non è in linea con gli standard europei secondo i quali non è previsto l’uso di miscelazione, filtrazione su resine, diluizione con appositi sciroppi zuccherini.
Ciò significa che al momento dell’acquisto è molto importante leggere attentamente le etichette per verificarne la provenienza: se il miele è esclusivamente ed interamente raccolto in Italia per legge deve essere obbligatoriamente riportata in etichetta la parola “Italia”; se invece si tratta di una miscela di mieli di diversa provenienza, in etichetta sono presenti le diciture “miscela di mieli originari della CE”, oppure “miscela di mieli non originari della CE”, oppure “miscela di mieli originari e non originari della CE”.
L’acquisto direttamente dal produttore, in Aziende, Mercati e Agriturismi di Campagna Amica è sicuramente un’ulteriore garanzia, oltre che una scelta consapevole a sostegno della biodiversità e della natura.
FONTI
Ismea (2019) Il settore apistico nazionale
Osservatorio Nazionale miele (2020) Andamento produttivo e di mercato per la stagione 2019