18.02.2020
Dal riso asiatico all’ortofrutta sudamericana fino alle nocciole turche che fanno concorrenza sleale alle imprese impegnate a garantire la tutela del lavoro, del territorio e della sicurezza alimentare
La Fondazione “Osservatorio Agromafie”, il cui comitato scientifico è presieduto da Gian Carlo Caselli, insieme a Coldiretti, rappresentata dal Presidente Ettore Prandini, e ANCI, rappresentata dal Presidente del Consiglio nazionale Enzo Bianco, ha avviato una riflessione congiunta, coordinata da Giovanni Salvi (Procuratore generale della Cassazione), finalizzata a elaborare una proposta per contrastare il caporalato nel lavoro. L’incontro si è tenuto a Roma nella sede Coldiretti, e la proposta è mirata a affrontare in maniera concreta la situazione di grave vulnerabilità e marginalità nella quale versa un segmento consistente di cittadini stranieri oggi a rischio di grave sfruttamento lavorativo in ambito agricolo. Sfruttamento che si riflette sulla competitività delle imprese che rispettano le regole e sulle condizioni di lavoro anche del non migrante.
CAPORALATO, dal riso asiatico all’ortofrutta sudamericana. Quasi 1 prodotto alimentare su 5 importato che arriva in Italia non rispetta le normative in materia di tutela della salute e dell’ambiente o i diritti dei lavoratori – a partire da quella sul caporalato – vigenti nel nostro Paese dove arrivano spesso con agevolazioni anche grazie agli accordi preferenziali stipulati dall’Unione Europea. È quanto stima la Coldiretti diffusa in occasione della presentazione del progetto “Lavoro stagionale – dignità e legalità” a Roma nella sede della Coldiretti dove è stata apparecchiata la “tavola dello sfruttamento globale” che espone gli alimenti più a rischio presenti sugli scaffali.
La piaga del caporalato deve essere combattuta in Italia e all’estero da dove arrivano molti dei prodotti agroalimentari consumati in Italia, dal riso asiatico all’ortofrutta sudamericana fino alle nocciole turche che fanno concorrenza sleale alle imprese impegnate a garantire la tutela del lavoro, del territorio e della sicurezza alimentare.
Le nocciole dalla Turchia, le cui importazioni sono cresciute del +19% in valore nel 2019, arrivano da un Paese sul quale pende l’accusa di sfruttamento del lavoro delle minoranze curde, ma il problema riguarda anche i fiori dalla Colombia dove è stato denunciato lo sfruttamento del lavoro femminile. Senza dimenticare paesi come il Myanmar, l’ex Birmania, sotto accusa per la brutale pulizia etnica contro la minoranza dei Rohingya e da dove nei primi sei mesi del 2019 gli arrivi di riso sono aumentati del 50% nei primi dieci mesi rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Sotto accusa sono peraltro le intese commerciali con le quali l’Unione Europea favorisce l’importazione agevolata in Italia di prodotti agroalimentari che sono ottenuti dallo sfruttamento del lavoro minorile, dal riso del Vietnam e dalla Cambogia accusata di violazione dei diritti umani dalla stessa Unione Europea.
A pesare è anche l’accordo di libero scambio che l’Unione Europea ha siglato con i Paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela) su alcuni dei quali gravano pesanti accuse del Dipartimento del lavoro Usa per sfruttamento del lavoro minorile per prodotti che arrivano anche in Italia. Se per l’Argentina sono segnalati preoccupanti casi dalla produzione dell’uva a quella di aglio, per il Brasile le ombre riguardano l’allevamento, mentre per il Paraguay problemi ci sono per lo zucchero di canna. Ma accuse di lavoro minorile riguardano – evidenzia l’analisi di Coldiretti sull’ultimo report del Dipartimento del lavoro degli Stati Uniti – anche altri prodotti importati in Italia: i gamberetti dalla Thailandia, i meloni dell’Honduras, il pesce dal Kenya e i fiori dall’Ecuador.
La lotta allo sfruttamento deve iniziare nei Paesi di origine di molti migranti dove l’obiettivo deve essere quello di esportare un modello di sviluppo che punti sulla valorizzazione delle realtà locali, promuova le potenzialità dell’impresa familiare e sostenendo così i piccoli produttori del Sud del mondo, minacciati dalla distorsione nei sistemi di produzione e distribuzione degli alimenti che favorisce l’accaparramento delle terre e provoca la fuga dalle campagne verso i Paesi più ricchi dove spesso li attendono la sofferenza e l’emarginazione.
“È necessario che dietro tutti gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini che “non è accettabile che alle importazioni sia consentito di aggirare le norme previste in Italia dalla legge nazionale sul caporalato”.