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10.06.2019

Dalla farmacia alla tavola, è boom delle erbe

Nel 2018 la domanda nazionale a 25 milioni di chili. Sono quasi 300 le piante officinali in Italia, che grazie alle loro particolari proprietà vengono utilizzate per gli scopi più diversi

La svolta naturalistica degli italiani spinge il ritorno delle erbe dalla tavola alla farmacia, dalla cosmetica alla moda con un boom che porta la domanda nazionale a 25 milioni di chili nel 2018. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti divulgata in occasione della presentazione del progetto di Bonifiche Ferraresi (BF), la più grande azienda agricola biologica in Italia per estensione, che prevede in Sardegna importanti investimenti per la coltivazione di erbe officinali per la produzione delle tisane 100% con materia prima italiana a marchio “Le Stagioni d’Italia”.

Sono quasi 300 le piante officinali utilizzate in Italia che grazie alle particolari proprietà vengono utilizzate per scopi erboristici, farmaceutici, cosmetici, liquoristici, culinari, per la preparazione di prodotti per la profumeria, per l’industria dolciaria, infusi, per la difesa delle colture, per l’igiene della persona, della casa o per l’ottenimento di oli essenziali o tinture per l’abbigliamento. Tra le altre ci sono basilico, elicriso, menta peperita, lavanda, stevia rebaudiana, peperoncino, tarassaco, maggiorana, timo, rosmarino, salvia, eucalipto, mirto, stevia e lippia, zafferano, camomilla, echinacea e bardana.

Secondo i dati riportati nel Piano di settore delle piante officinali, sono circa tremila le aziende agricole italiane impegnate con una superficie coltivata a piante aromatiche, medicinali e da condimento di oltre 7mila ettari che coprono però appena il 30% del fabbisogno nazionale mentre il restante 70% viene soddisfatto dall’estero, secondo una stima della Coldiretti. Le potenzialità del settore in Italia sono notevoli con la produzione nazionale che potrebbe più che raddoppiare con notevoli effetti sull’occupazione e sull’indotto, limitando la dipendenza dall’estero a quelle piante esotiche che per condizioni climatiche e ambientali non sono realizzabili in Italia.

La Cina è il principale produttore mondiale tanto che circa ¼ delle erbe officinali utilizzate dall’Italia provengono dal gigante asiatico. Si tratta però di prodotti che spesso non rispettano gli stessi standard di sicurezza alimentare, ambientale e di rispetto dei diritti dei lavoratori vigenti in Italia come dimostra il fatto che Pechino è ai vertici mondiali per allarmi alimentari secondo l’analisi del sistema di allerta rapido europeo (RASSF).

È necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare “l’importanza di sostenere gli investimenti nazionali in un settore in forte crescita come quello delle erbe officinali. Ma – conclude Prandini – per combattere la concorrenza sleale e consentire ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevoli, occorre rendere obbligatoria l’etichettatura di origine dei prodotti officinali, integrando adeguatamente la riforma del settore approvata dopo oltre 90 anni dalla Legge 6 gennaio 1931, n. 99, che disciplinava coltivazione, raccolta e commercio delle piante officinali.

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