01.06.2019
La filiera lattiero-casearia italiana, infatti, ha un valore di circa 15 miliardi di euro, di cui 2,7 si riferiscono all’export. L’Italia vanta oltre 50 formaggi DOP e si colloca così tra primi posti in quanto a qualità del prodotto
Il settore lattiero-caseario è un patrimonio inestimabile dell’Italia e un’eccellenza del made in Italy in tutto il mondo. La filiera lattiero-casearia italiana, infatti, ha un valore di circa 15 miliardi di euro, di cui 2,7 si riferiscono all’export. L’Italia vanta oltre 50 formaggi DOP e si colloca così tra primi posti in quanto a qualità del prodotto.
L’export è sicuramente il settore che trae grandi benefici da questa produzione di qualità. Secondo i dati ISMEA, anche il 2018 ha fatto registrare un aumento delle esportazioni, sia in valore (+3,7%) che in quantità (+0,7%), grazie a una continua ricerca di distintività nelle produzioni e una ricerca di prodotti di servizio (come ad esempio il grattugiato). Si registrano performance molto positive, in valore, per i formaggi freschi, in particolar modo per la mozzarella (+5,4%), per il Grana Padano e il Parmigiano Reggiano (+5,3%), il Gorgonzola (+4,3%).
La maggior parte delle nostre esportazioni sono dirette in Francia e in Germania, mentre gli Stati Uniti – pur rimanendo il terzo paese di destinazione dei nostri formaggi – fanno registrare un calo in termini di valore di quota di mercato. I prodotti caseari tricolori crescono anche in Giappone (+5,2%), Canada (+27%), Svezia (010%), Polonia (+10%) e in Paesi emergenti come Cina e Emirati Arabi Uniti (entrambi +12%).
Si tratta tuttavia di un comparto produttivo che va sempre più difeso e valorizzato. Da un lato infatti il mercato interno registra un calo nei consumi, dall’altro i nostri prodotti, tanto ricercati all’estero, sono anche i più contraffatti. Nell’ultimo decennio il valore del falso made in Italy agroalimentare è salito ad oltre 100 miliardi, con un aumento record del 70% nell’ultimo decennio. All’estero più di due prodotti di tipo italiano su tre sono falsi e anche per quel che riguarda i prodotti derivati del latte si sono diffuse brutte copie di tutti i principali formaggi italiani, dal parmesao brasiliano al reggianito argentino fino al parmesan canadese, australiano e statunitense. Una realtà favorita dai recenti accordi di libero scambio siglati dall’Unione Europea e che va arginata facendo sentire la propria opinione di consumatori attraverso campagne mirate come Eat Original.
I consumi di latte in Italia. I dati ISMEA relativi ai consumi domestici delle famiglie italiane nel 2018 registrano ancora un calo nella spesa per il latte, sia fresco (-1,9%) che UHT (-1,9%) e per i formaggi (-0,8%), con una stabilità solo per i freschi.
Risultano invece in crescita segmenti specifici di filiere, come ad esempio il biologico o i prodotti delattosati. Alcune elaborazioni Nomisma-Assobio riferite al 2018, hanno infatti riscontrato, rispetto all’anno precedente, una crescita delle vendite di latte UHT biologico (+32,8%), di yogurt intero biologico (+12%) e di latte fresco biologico (+9,5%). Anche il latte ad alta digeribilità registra un aumento sia nei volumi di vendita (+9,4%) che nella spesa (+4,9%).
Un’indagine ISMEA sull’andamento dei consumi di prodotti lattiero-caseari nel quinquennio 2012-2016 oltre a confermare il calo progressivo dei consumi, ha evidenziato che non è tanto il fattore economico adincidere su questa tendenza, ma piuttosto la diffusione di nuovi stili di vita. Trattandosi infatti di un bene primario, la crisi economica ha inciso solo in minima parte sulle dinamiche degli acquisti di latte, orientando i consumatori verso discount o offerte. D’altro canto la flessione maggiore negli acquisti si registra nelle famiglie con reddito più alto e nelle fasce di popolazione più giovane (under 35), mentre gli acquisti di latte restano più sostenuti (+2,6%) tra la popolazione più anziana (over 64), che rimane legata a modelli più tradizionali.
Si conferma, inoltre, la maggior propensione all’acquisto di latte ad alta digeribilità, sia fresco che a lunga scadenza, soprattutto nelle famiglie con una disponibilità economica maggiore, ma anche in buona parte dei consumatori, anche con disponibilità economiche minori, che preferiscono questo prodotto per ragioni salutistiche.
I consumatori italiani, quindi, sembrano orientarsi verso regimi alimentari che tendono a limitare nella propria dieta, per motivi etici o di salute, prodotti di origine animale e a preferire bevande vegetali o ad alta digeribilità. Le scelte d’acquisto sono quindi dettate da una particolare attenzione al salutismo e al benessere.
Tuttavia non va dimenticato che il latte e i suoi derivati sono alimenti cardine della dieta mediterranea e per questa ragione il loro consumo è fortemente consigliato, nell’ambito di un’alimentazione bilanciata, in tutte le fasce di età.
Il consumo pro-capite di latte fresco che storicamente era intorno ai 50 litri all’anno, ha registrato un calo del 25-30% negli ultimi cinque anni. Oggi in media un italiano beve circa 115 ml al giorno, ben al di sotto dei 375 ml (3 bicchieri) consigliati.
Per invertire questa tendenza è molto importante conoscere da vicino il latte e i suoi derivati, saperne l’origine, il tipo di lavorazione, le caratteristiche e le qualità. Il modo migliore per farlo è affidarsi a chi ogni giorno realizza questi prodotti, visitando le aziende agricole o acquistando direttamente nei mercati di Campagna Amica.