Durante una normale giornata di lavoro, la pausa pranzo dovrebbe fornire non più di 600-700 calorie, corrispondenti a circa il 30-35% del fabbisogno giornaliero. Lo schema classico costituito da un primo piatto a base di pasta o riso (ricchi di amido), un secondo proteico e un contorno di verdure può considerarsi adeguato sotto il profilo nutrizionale, a patto di assumere porzioni scarse e di scegliere ricette facilmente digeribili.
Un trucco per non scegliere piatti ipercalorici, indigesti e in abbondanti quantità è quello di iniziare la giornata con una ricca prima colazione, in modo da non arrivare eccessivamente affamati alla pausa pranzo. Complice la crisi, tra i 12 milioni di italiani che mangiano fuori casa per motivi di lavoro, circa 300 mila mangiano direttamente in ufficio portandosi il cibo da casa.
La pasta può fare da piatto unico come alimento salva-pranzo e salva-portafogli: è l’ideale non solo perché gustosa ed equilibrata, ma anche perché contiene i carboidrati che servono al cervello per funzionare e danno le giuste energie per poter affrontare la restante giornata lavorativa. I vari tipi di pasta si sposano bene con sughi delicati, a base di verdure, pesce, prosciutto cotto, formaggi freschi.
Se non si ha voglia o tempo di cucinare per preparare il pranzo, basta organizzarsi la sera prima e riciclare gli avanzi della cena. Ma al ristorante, al bar o in ufficio la pausa pranzo non va sottovalutata e rappresenta uno spartiacque fondamentale nella giornata: un momento di ricarica non solo per il corpo, ma anche per la mente. La pausa pranzo è importantissima e non va saltata, non solo perché si andrebbe incontro a un calo di zuccheri che di fatto ridurrebbe l’efficienza sul lavoro, ma anche perché serve a staccare la spina. Vanno privilegiati i piatti unici con prevalenza di farinacei (riso, pasta, patate) e verdure, eventualmente piccole porzioni di carne, pesce o uova.
A cura di Giorgio e Caterina Calabrese