10.10.2016

Castagne italiane, poche ma buone

Crolla il raccolto del prodotto nazionale a causa del clima e di un parassita che danneggia le piante

Crolla il raccolto di castagne nel 2016. In Campania – la prima regione produttrice italiana – si prevede un taglio fino al 90%, ma cali sono segnalati in tutto il meridione mentre una leggera ripresa dei raccolti si stima al nord, nonostante vi siano con alcune zone critiche a causa della siccità. È quanto emerge da una indagine della Coldiretti in occasione dell’avvio della raccolta, con una situazione disomogenea che fotografa una preoccupante inversione di tendenza. Il crollo si verifica dopo la leggera ripresa dello scorso anno rispetto al 2014, che  aveva fatto segnare il minimo storico dall’Unità d’Italia, per effetto degli attacchi del cinipide, il parassita cinese che fa seccare gli alberi e ha provocato nei boschi italiani una vera strage.   

Mentre al nord la lotta contro questo insetto sta producendo risultati soddisfacenti, al centro-sud all’andamento climatico non ottimale si è aggiunta la recrudescenza dei danni del cinipide, arrivato in queste aree più recentemente e non ancora debellato. L’attività di lotta al cinipide attraverso i lanci del suo nemico naturale – il parassitoide Torymus sinensis – ha dato risultati positivi nei castagneti delle regioni del nord, dove il cinipide è presente da anni e più precocemente è partita la lotta, mentre al centro ed al sud il cinipide è comparso successivamente e l’azione di contrasto al parassita è ancora in pieno svolgimento.
 
Rimane quindi ancora difficile la situazione di quello che Giovanni Pascoli chiamava "l’italico albero del pane", simbolo dell’autunno nei libri scolastici di molteplici generazioni di giovani scolari. Il raccolto di castagne made in Italy, con una qualità comunque ottima, rimarrà quest’anno inferiore ai 20 milioni di chili dello scorso anno, ben al di sotto delle medie storiche. Basti dire che nel 1911 la produzione di castagne ammontava a 829 milioni di chili, ma ancora dieci anni fa era il triplo rispetto a quella attuale.
 
Il castagno riveste un ruolo importante in molte aree collinari e montane del nostro Paese, non solo per la produzione di frutti e legno, ma anche per il presidio del territorio e per la salvaguardia dell’assetto ambientale e idrogeologico.  La bellezza dei boschi, con castagni spesso centenari, rende fruibili tali luoghi anche per scopi turistici e di svago con l’habitat che risulta fondamentale per la selvaggina, per la produzione del caratteristico miele e per la raccolta dei funghi e dei piccoli frutti.
 
Anche per questo restano molto popolari le feste e le sagre dedicate a castagne e marroni in tutta la penisola. Con la frenata della produzione nel centro-sud, resta il rischio di trovarsi nel piatto, senza saperlo, castagne straniere provenienti soprattutto dalla Spagna, dal Portogallo, dall’Albania. Nel corso del 2015, nonostante la parziale ripresa della produzione nazionale, l’Italia ha importato oltre 32 milioni di chilogrammi di castagne (ne importavamo 6 milioni di chilogrammi nel 2010), spesso spacciate per italiane, con forti ripercussioni sui prezzi corrisposti ai produttori. Da qui l’esigenza di assicurare più controlli sull’origine delle castagne messe in vendita in Italia per evitare che diventino tutte, incredibilmente, tricolori. Non sono noti invece i dati relativi alle importazioni di farina di castagne, perché non esiste un codice doganale specifico, ma solo un codice relativo alla farina ottenuta da frutti di diverse tipologie. Averne uno specifico, sarebbe un buon modo per tutelare l’alta qualità della produzione made in Italy forte di ben quindici prodotti a denominazione di origine legati al castagno che hanno ottenuto il riconoscimento europeo. Cinque si trovano in Toscana e sono il Marrone del Mugello Igp, il Marrone di Caprese Michelangelo Dop, la Castagna del Monte Amiata Igp, la Farina di Neccio della Garfagnana Dop e la Farina di Castagne della Lunigiana Dop mentre in Campania è riconosciuta la Castagna di Montella Igp e il Marrone di Roccadaspide Igp, in Emilia Romagna il Marrone di Castel del Rio Igp, in Veneto il Marrone di San Zeno Dop  e i Marroni del Monfenera Igp, e i Marroni di Combai Igp, in Piemonte la Castagna Cuneo Igp e il Marrone della Valle di Susa Igp, e nel Lazio la Castagna di Vallerano Dop. A questi si aggiungono due mieli di castagno: il Miele della Lunigiana Dop della Toscana e il Miele delle Dolomiti Bellunesi Dop del Veneto.
 
Se non si vuole correre il rischio di acquistare spesso a caro prezzo caldarroste straniere in vendita nel centro delle città, occorre fare attenzione alla qualità e ricorrere a un più genuino fai da te casalingo per garantirsi un prodotto fresco, sicuro e a costi accessibili. Meglio allora frequentare i mercati degli agricoltori di Campagna Amica o le sagre in programma in questi giorni in tutta Italia, dove è possibile fare buoni acquisti di alta qualità oppure rivolgersi alle imprese agricole e riscoprire il gusto di partecipare nei boschi alla raccolta delle castagne. Le castagne, delle quali si conoscono oltre cento varietà, sono rimaste nelle tradizioni alimentari autunnali degli italiani da consumare in diversi modi: arrosto (dopo averle incise sul lato bombato metterle in una padella di ferro con il fondo forato e cuocerle o sul fuoco vivo o in forno per circa 30 minuti, dopo la cottura si consiglia di avvolgerle in un canovaccio umido); lesse (dopo averle lavate accuratamente, cuocerle in abbondante acqua salata per circa 40 minuti); cotte in latte e zucchero; usate per particolari ripieni, nella preparazione di primi piatti o elaborati secondi a base di carne.

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