La bontà di una marmellata dipende dalla qualità della frutta utilizzata, dalla quantità di frutta utilizzata per 100 g di prodotto e di zuccheri totali presenti nella marmellata, ma anche dal loro rapporto con l’acidità.
La frutta contiene una certa percentuale di zucchero (tra il 5 e il 20%); grazie alla cottura questa aumenta a causa dell’evaporazione dell’acqua. Se ad esempio prendiamo 1 kg di frutta – che supponiamo contenga in totale 100 g di zuccheri – e la cuociamo facendo evaporare la gran parte dell’acqua, otteniamo alla fine soli 200 g di marmellata: il prodotto finito avrà ben 50 g di zucchero per 100 g di prodotto (100 g di zuccheri in 200 g di prodotto), quanto le normali marmellate in commercio, e non abbiamo aggiunto un solo grammo di zucchero!
Per raggiungere più velocemente il tasso di zucchero desiderato (tra il 35 e il 65%), quindi, alla marmellata ne viene aggiunto in proporzione variabile. Aumentandolo, possiamo arrivare al tenore voluto di zuccheri anche senza far evaporare un millilitro di acqua, ma la nostra marmellata avrà un basso tenore di frutta (per esempio 50 g di frutta utilizzata per 100 g di prodotto). Se invece la cuociamo a lungo, la quantità di frutta utilizzata per 100 g di prodotto finale aumenterà, fino ad arrivare a 300 g e oltre per le marmellate che cuociono per ore ed ore.
La bontà di una marmellata dipende dalla quantità di frutta utilizzata per 100 g di prodotto, poiché da questo valore dipende la concentrazione degli aromi e dei sapori. Il valore minimo per ottenere una buona marmellata è pari a 100 g di frutta per 100 g di prodotto. In commercio solo le marmellate di qualità superiore superano questo valore, quelle artigianali arrivano anche a 200 g per 100 g di prodotto. La qualità della frutta di partenza determina fortemente la concentrazione degli aromi e dei sapori, quindi acquistarla direttamente dal contadino rimane l’opzione migliore.
A cura di Giorgio e Caterina Calabrese