La provenienza degli alimenti è un aspetto fondamentale per sottolineare la qualità del cibo. Il diritto a conoscere la provenienza risulta uno degli aspetti tutelati dall’Unione Europea e garantito sempre più ai cittadini, che tramite la scelta degli alimenti possono premiare filiere produttive e paesi rispettosi dei diritti dei lavoratori, dell’ambiente e della sicurezza alimentare.
C’è però un po’ di confusione su cosa significhi “origine”. Fino ad un certo punto, con origine si è inteso esclusivamente il luogo di ultima trasformazione o confezionamento dell’alimento. In tal modo, non era possibile per i consumatori sapere in realtà da dove provenisse il cibo. In seguito a un crescente interesse sia dei consumatori che dei produttori, l’origine e la provenienza degli alimenti sono oggi obbligatorie e riferite proprio alle materie agricole impiegate. Inoltre, l’origine è diventata un’indicazione obbligatoria per molti prodotti.
Attualmente, l’olio extravergine di oliva, il miele, le uova, la passata di pomodoro, la carne bovina, suina, ovicaprina, i formaggi, il latte Uht, l’ortofrutta fresca e il pescato in genere, devono indicare l’origine intesa come provenienza agricola. Nel caso delle carni bovine, va poi indicato il luogo di nascita, allevamento e macellazione: una conquista importante successiva a crisi come la Mucca Pazza negli anni ’90. Dal 1° aprile 2015 è poi fatto obbligo di prevedere almeno il paese di allevamento e macellazione di carne di maiale, carne di pollo e di pecore o capre. Per le filiere solo italiane (dalla nascita alla macellazione) è possibile usare l’indicazione “Origine: (100%) Italia”.
L’origine è ancora purtroppo ignota per i prosciutti e i succhi di frutta.