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27.09.2019

Villaggio Bologna, addio a milioni di mucche, pecore e capre

Un addio che ha riguardato soprattutto la montagna e le aree interne più difficili dove mancano condizioni economiche e sociali minime per garantire la permanenza di pastori e allevatori

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Due milioni di mucche, maiali, pecore e capre sono scomparsi dalle fattorie italiane negli ultimi dieci anni anche per effetto del surriscaldamento che ha inaridito i pascoli, ridotto la disponibilità di foraggio, tagliato la produzione di latte nelle stalle colpite dal moltiplicarsi dei colpi di calore estivi e aumentato i costi per garantire il benessere degli animali in condizioni climatiche più difficili. È quanto emerge dal Rapporto Coldiretti su “Sos Clima per l’agricoltura italiana” diffuso al Villaggio Contadino di Bologna dove è stata inaugurata l’Arca di Noè dell’agricoltura italiana con gli animali, le piante e i prodotti della fattoria Italia minacciati dai cambiamenti climatici in occasione del terzo sciopero mondiale per il clima, con giovani agricoltori giovani e studenti assieme al presidente della Coldiretti Ettore Prandini.

Stalle, ricoveri e ovili si sono svuotati con la Fattoria Italia che nell’ultimo decennio ha perso solo tra gli animali più grandi, circa un milione di pecore, agnelli e capre, oltre a 600mila maiali e più di 100mila bovini e bufale. Un addio che ha riguardato soprattutto la montagna e le aree interne più difficili dove mancano condizioni economiche e sociali minime per garantire la permanenza di pastori e allevatori.

Con gli animali sono scomparsi anche i pascoli e i prati e il risultato è che negli ultimi 25 anni è andato perso oltre ¼ della superficie agricola (-28%), secondo un’analisi Coldiretti su dati Ispra, e, con esso, la capacità di assorbire le emissioni inquinanti. Basti dire che a causa del consumo di suolo agricolo si perde ogni anno la possibilità di assorbire quasi 300mila tonnellate di carbonio. L’addio ai terreni causa poi l’infiltrazione di milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde aggravando la pericolosità idraulica dei nostri territori. Ma con la chiusura delle stalle cala anche la produzione di letame e liquami indispensabili per fertilizzare i terreni e alla base dell’agricoltura biologica con l’Italia che detiene la leadership europea in termini di numero di aziende.

In pericolo c’è inoltre la straordinaria biodiversità delle stalle italiane dove sono minacciate di estinzione ben 130 razze allevate tra le quali ben 38 di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di maiali, 10 di avicoli e 7 di asini. Un patrimonio composto da veri e propri tesori della natura e della storia arrivati per l’occasione al Villaggio Coldiretti di Bologna che va dalle preziose mucche rosse di razza Reggiana dalle quali si otteneva storicamente il latte per la produzione del primo Parmigiano alla vacca Modenese, inserita dalla Fao tra gli animali a rischio estinzione, dalla capra Camosciata, che prende il nome dal fatto che il mantello ricorda la colorazione di quello del camoscio alpino e garantisce il latte per la produzione di formaggi tipici, alla pecora Cornigliese che arriva a pesare fino a 100 chili ed è stata vicinissima alla completa scomparsa, tanto che oggi ne esistono appena 190 esemplari. Ma nell’Arca di Noè allestita dalla Coldiretti ci sono anche la mucca Bruna che fornisce il latte per numerosi formaggi tipici come il Bagòss, il Garda Tremosine, lo Strachitùnt e il Silter Camuno Sebino, la Romagnola che fa parte della pregiata IGP (indicazione geografica protetta) Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale, l’asino Sardo, un tempo allevato per svolgimento dei lavori della famiglia contadina (girare  la macina, che frantumava i chicchi del grano per la produzione della farina), l’asino Romagnolo usato nell’onoterapia e quello bianco dell’Asinara, il maiale Nero di Parma e la Mora Romagnola ricercata per la preparazione di salumi tradizionali, il piccolo cavallo Bardigiano tipico dell’Appennino emiliano al pollo Romagnolo, insieme a molte altre razze di oche, anatre, conigli e galline che animano la campagna italiana.

Un indicatore sensibile dello stato di salute dell’ambiente sono le api con la raccolta di miele in Italia che è praticamente dimezzata in Italia nel 2019 per effetto dell’andamento climatico anomalo che ha sconvolto la vita dei preziosi insetti. Vere e proprie sentinelle dell’equilibrio naturale globale e della biodiversità con l’alimentazione che dipende per oltre un terzo da coltivazioni impollinate attraverso il lavoro di insetti, al quale proprio le api concorrono per l’80%.

Insieme al rischio di scomparsa del miele, il surriscaldamento ha anche cambiato le condizioni ambientali tradizionali per la stagionatura dei salumi, per l’affinamento dei formaggi o l’invecchiamento dei vini. Una situazione che di fatto mette in pericolo il patrimonio di prodotti tipici Made in Italy che devono le proprie specifiche caratteristiche essenzialmente o esclusivamente all’ambiente geografico comprensivo dei fattori umani e proprio alla combinazione di questi. In gioco c’è il primato europeo nelle produzioni tipiche con 299 specialità Dop/Igp ed STG riconosciute a livello comunitario e 523 vini Doc/Docg e Igt.

Gli animali custoditi negli allevamenti italiani rappresentano un tesoro unico al mondo che va tutelato e protetto anche perché a rischio non c’è solo la biodiversità delle preziose razze italiane, ma anche il presidio di un territorio dove la manutenzione è garantita proprio dall’attività di allevamento, con il lavoro silenzioso di pulizia e di compattamento dei suoli svolto dagli animali.

Quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado spesso da intere generazioni”, ricorda il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare la necessità di  creare le condizioni affinché si contrasti la scomparsa delle campagne, garantendo un giusto reddito agli agricoltori e valorizzandone il ruolo ambientale, anche attraverso la nuova legge sul consumo di suolo, approvata da un ramo del Parlamento nella scorsa legislatura ma finita su un binario morto in attesa della discussione in Senato. Dobbiamo togliere dalla palude questa norma importante per il futuro dell’Italia e vararla prima possibile”.

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