09.04.2019
Testimonianze, feste e assaggi della tradizione contadina materana: un viaggio tra i gusti e i riti, dalla cialledda alla cràpiata.
Sono davvero tanti gli spunti di scoperta e arricchimento culturale che offre Matera, il suo territorio e la sua storia millenaria. La versione contadina della cultura materana trova la sua migliore espressione nelle eccellenze enogastronomiche, testimonianze di tradizioni agricole tramandate per secoli e della “creatività” di una cucina semplice (povera secondo alcuni parametri) ma talmente radicata nelle persone tanto da sfidare il tempo… e vincere la sfida!
Una tradizione secolare e autentica dunque quella della cucina contadina materana, che trova materie prime e ispirazione nell’agricoltura e nelle sue stagioni, nella pastorizia e nei suoi rituali. Troviamo allora tra i tanti piatti la cialledda o colazione dei mietitori, ricetta semplice un tempo consumata nei campi, a base di pane di Matera raffermo con aggiunta di cipolle, patate e odori, erbe spontanee o anche fiori (asfodeli in particolare); poi tra i piatti a base di agnello, il cazzomarro, preparato con le interiora di agnello (cuore, fegato e polmone) avvolte nelle budella, un sorta di involtino gigante riempito con le frattaglie condite con aglio, prezzemolo e pecorino; altro piatto storicamente legato alla pastorizia è la pignata di pecora, uno stufato preparato in una tipica pentola di terracotta (la pignata) chiusa con un coperchio fatto di pasta (acqua e semola) dove si cuoce per diverse ore la carne della pecora più anziana e non più produttiva, insaporita con pecorino, origano, timo e finocchietto, patate e pezzetti di salumi. E ancora la strazzata, una focaccia tipica o le lagane, una pasta fresca simile alle tagliatelle ma più larga, spessa e corta, e poi quello che forse è il piatto più rappresentativo della cucina materana e piatto simbolo del forte legame dei contadini materani con la propria terra: la crapiata.
La “crapiet” – come si dice nel dialetto locale – è una particolare zuppa di legumi, patate e cereali, una ricetta tramandata da generazioni che veniva preparata alla fine della trebbiatura, per festeggiare la buona resa del nuovo raccolto e la comunità del vicinato. La crapiata aveva – ed ha tuttora – un grande valore rituale, l’intera preparazione avveniva in maniera collettiva e cominciava il 31 luglio, quando tutte le donne del vicinato raccoglievano e pulivano quanto era rimasto del vecchio raccolto: grano, farro, lenticchie, ceci, fagioli, fave, patate e piselli, li mettevano a bagno per tutta la notte per poi cuocerli la mattina del primo agosto in un paiolo posto su un treppiedi al centro del cortile. Era un’occasione molto attesa e ricca di emozioni, una festa che durava da sera, dopo la preparazione e la messa a bagno degli ingredienti, fino a notte, ore di allegria e convivialità, in cui si mangiava, si beveva e si ballava.
Una festa antichissima, come tante altre di origine pagana, che riporta con ogni probabilità alle panspermìe, zuppe di legumi e cereali offerti nell’antica Grecia a Demetra o a Dioniso per propiziare la fertilità. Una festa che ancora oggi a Matera rappresenta una tradizione molto sentita, in particolare nei rioni Sassi e nel borgo La Martella dove (il primo agosto) si svolge una sorta di “sagra” e si cucinano quintali di legumi per i visitatori, come è successo anche il 19 gennaio scorso all’indomani delle celebrazioni inaugurali di Matera Capitale della Cultura 2019 quando Coldiretti ha organizzato una crapiata da record.
Matera Capitale della Cultura 2019 è dunque una bella occasione per scoprire le usanze della cucina contadina, semplice e genuina negli Agriturismi di Campagna Amica per assaporare il gusto e vivere il rito collettivo di una tradizione che ha attraversato indenne i secoli.
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