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18.02.2019

Speciale energia – Economia circolare, una strada da percorrere

Il Parlamento Europeo ha approvato le quattro direttive del “Pacchetto economia circolare” entrate in vigore il 4 luglio 2018, che modificano 6 precedenti direttive su rifiuti, imballaggi, discariche, rifiuti elettrici ed elettronici, veicoli fuori uso e pile

L’esigenza, ormai condivisa a livello mondiale, di produrre in modo sostenibile sta trovando nel paradigma dell’economia circolare una chiave concettuale forte che può diventare il vero motore di un processo di cambiamento epocale. Questo nuovo modello di economia, infatti, partendo dalla consapevolezza che le risorse di cui disponiamo non sono illimitate, punta a ridurre o eliminare del tutto gli scarti, a differenziare le fonti di approvvigionamento di materia, a recuperare e riciclare i materiali, a far vivere il più a lungo possibile i prodotti di consumo, massimizzandone il valore d’uso.

Il Parlamento Europeo si è mosso in questa direzione, approvando le quattro direttive del “Pacchetto economia circolare”, entrate in vigore il 4 luglio 2018, che modificano 6 precedenti direttive su rifiuti, imballaggi, discariche, rifiuti elettrici ed elettronici, veicoli fuori uso e pile.

Tra gli obiettivi delle nuove direttive, che gli stati membri dovranno recepire entro il 2020, è previsto:

  • il riciclo entro il 2025 per almeno il 55% dei rifiuti urbani (60% entro il 2030 e 65% entro il 2035)
  • il riciclo entro il 2025 per almeno il 65% degli imballaggi (40% entro il 2030)
  • il limite del 10% per lo smaltimento in discarica entro il 2035
  • la raccolta separata a partire dal 2025 dei rifiuti tessili e dei rifiuti pericolosi (come vernici, pesticidi, oli e solventi) da parte delle famiglie
  • la raccolta separata e il riciclo in casa attraverso il compostaggio di rifiuti biodegradabili a partire dal 2025.

I dati presentati nel rapporto Agri-Censis dimostrano che l’Italia ha tutte le carte in regola per candidarsi ad essere un punto di riferimento nel promuovere questo nuovo modello di sviluppo. L’Italia infatti è un paese di trasformazione, con risorse naturali limitate, ma tra i primi posti nella capacità di recuperare i materiali all’interno dei processi produttivi (18,5% contro il 10,7% della Germania) e di estrarre valore dalle risorse utilizzate (3,34 euro di Pil per ogni Kg di risorse contro una media europea di 2,2 €/Kg). Inoltre, abbiamo il più basso consumo domestico di materiali grezzi (8,5 tonnellate pro-capite contro 13,5 media europea) e avviamo al riciclo il 76,9% dei rifiuti trattati (contro una media europea di 36,2%). Una percentuale significativa se si considera che dal 1999 la percentuale di rifiuti urbani mandati direttamente a smaltimento è scesa dal 68% all’8% circa.

Il Green Economy Report 2017, che si focalizza in particolare sui rifiuti tecnologici, ha stimato l’importanza economica di un modello basato sul concetto di riciclo. Solo nel 2017 il recupero di plastica, metalli e vetro derivati dai rifiuti tecnologici ha contribuito a ridurre i costi di importazione di materie prime per un valore pari a ben 45,6 milioni di euro (+94,9%rispetto al 2016). Con i rifiuti gestiti nel 2017 è stato raggiunto il traguardo di 500.000 tonnellate di rifiuti tecnologici raccolti e gestiti dal 2008 con un beneficio economico per il Paese pari a 140 milioni di euro.

Il rapporto ha stimato anche i benefici ambientali. Nel 2017 sono state risparmiate 306 mila tonnellate di anidride carbonica (pari al fermo di 94 mila vetture che percorrono in un anno 20 mila chilometri ciascuna); 1,8 milioni di metri cubi d’acqua (l’equivalente in volume di oltre 700 piscine olimpioniche) e quasi 900 ettaro di suolo (pari a più di 1.200 campi da calcio regolamentari).

Tuttavia, il rapporto Agri-Censis ha evidenziato che gli italiani non hanno ancora le idee chiarissime su cosa significhi economia circolare e l’indagine condotta presso un panel di testimoni privilegiati di status socio-culturale avanzato lo dimostra ampiamente. Infatti, il 60,2% degli intervistati dichiara di conoscerne il significato ma ammette di possederne una conoscenza ancora molto superficiale. Il 28,6% afferma invece di sapere esattamente cosa si intende per “economia circolare” e l’11,2% degli intervistati dichiara non solo di esserne a conoscenza, ma di esserne interessato sul piano personale o addirittura di occuparsene professionalmente.

In questo contesto, l’agricoltura può dare un contributo importante perché in campagna le esigenze del ciclo produttivo hanno sempre suggerito di non sprecare, reinvestire, recuperare. In concreto si tratta in qualche modo di tornare al passato, rileggendo il modello contadino tradizionale alla luce delle nuove tecnologie.  Si può produrre di più con meno, salvaguardando la biodiversità, preservando la fertilità del terreno e valorizzando ciò che sarebbe solo uno scarto per produrre energia. Dalla terra può quindi partire un processo virtuoso diretto ad un uso consapevole delle risorse, alla riduzione delle emissioni in atmosfera, al riutilizzo degli scarti e alla produzione di energia e di biocarburanti rinnovabili.

 

FONTI

Agri-Censis (2018) – «Perché all’Italia conviene l’economia circolare» – Diario dell’Innovazione

Remedia (2017) – Green Economy Report 2017

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