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16.10.2018

Giornata mondiale dell’alimentazione: l’aiuto della filiera corta

Secondo il rapporto “Lo Stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo 2018”, oggi oltre 820 milioni di persone soffrono di malnutrizione cronica

La FAO ha lanciato l’hashtag #FameZero, grazie al quale vuole promuovere una trasformazione dell’economia rurale che dia centralità all’importantissimo ruolo dei piccoli agricoltori. “Non sprecare il cibo”, “produrre di più con meno risorse” e “adottare una dieta più salutare e sostenibile” sono i tre topic scelti per il 16 ottobre 2018.

Ma il tema del diritto ad una sana alimentazione non riguarda solo Paesi poverissimi nelle cui aree rurali si vive con meno di 2$ al giorno, ma anche nazioni avanzate come l’Italia dove nel 2017 circa 2,7 milioni di persone hanno beneficiato degli aiuti alimentari attraverso l’accesso alle mense o a pacchi alimentari.

Non sorprende quindi che anche all’interno della 73° sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite si parlerà del diritto al cibo: il focus riguarda proprio le responsabilità dei vari attori della filiera agroalimentare nell’assicurare un più equo accesso ad un cibo sano e fondamentale in tal senso sarà la consapevolezza di ogni singolo consumatore sulle proprie scelte di acquisto, proprio a partire dalla conoscenza delle diverse filiere agroalimentari e dalla consapevolezza del loro impatto su chi il cibo lo produce ogni giorno.

Non soltanto conflitti, eventi meteorologici estremi collegati ai cambiamenti climatici e carestie, ma anche il rapido aumento dei livelli di sovrappeso e obesità stanno invertendo la tendenza dei progressi fatti finora nell’ambito dell’alimentazione. Per fare un esempio, nel mondo 672 milioni soffrono di obesità ed oltre 1,3 miliardi sono in sovrappeso.

Tuttavia i diversi sistemi agroalimentari hanno un impatto differente su ambiente, persone, risorse e processi che si riferiscono alla produzione, distribuzione, vendita e consumo di cibo, i cui risultati non incidono solo sulle performance economiche degli attori coinvolti, ma hanno soprattutto importanti ricadute socio-ambientali.

Differentemente dalla vendita diretta e dai sistemi di distribuzione locale e a “km0”, le filiere globali del cibo, che coprono l’80% degli scambi commerciali e il 60% della produzione mondiale, non solo presuppongono l’obiettivo di ottenere con qualsiasi mezzo un prezzo che sia il più basso possibile ma, anziché garantire un migliore approvvigionamento alimentare e una giusta retribuzione di chi lavora in agricoltura, possono essere causa di gravi esternalità negative, come ad esempio la fornitura di input standard che rischiano di minacciare la biodiversità oppure l’uso intensivo di fertilizzanti, pesticidi o antibiotici che possono mettere in serio pericolo la sicurezza alimentare dei consumatori.

Come affermato dalla relatrice speciale delle Nazioni Unite, Hilal Elver, gli Stati hanno quindi di dovere di assicurare ai consumatori l’opportunità di prendere decisioni informate riguardo alle scelte di acquisto anche attraverso l’uso di sistemi di etichettatura trasparenti, non solo per garantire la loro sicurezza alimentare ma anche in relazione ad una valutazione etica alla base della propria scelta di acquisto.

Per fortuna infatti la filiera alimentare è composta anche da una ampia gamma di aziende e coltivatori diretti, organizzazioni e fondazioni come Campagna Amica che affermano un sistema di agricoltura e di industria agroalimentare ad alta responsabilità sociale e ambientale, che permette una maggiore soddisfazione del diritto fondamentale di ogni cittadino ad un “cibo sano e giusto” e riconoscendo un equo compenso ai produttori.

Quindi, quando scegliamo un prodotto nei mercati degli agricoltori o supportiamo le iniziative promosse da Coldiretti e dalla Fondazione Campagna Amica come la “Spesa sospesa”, non lo facciamo solo perché il cibo dei nostri produttori è 100% italiano o semplicemente più buono, fresco e genuino, ma soprattutto perché è più giusto.

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