I Sigilli di Campagna Amica - La biodiversità contadina

05.10.2018

La biodiversità nel sociale: solidarietà e sussidiarietà

Tiziano Cattaneo - Fondazione Campagna Amica

La biodiversità è una tematica che di primo acchito richiama aspetti biologici. Ciò è assolutamente corretto ma rischia di limitare i grandissimi significati correlati che essa nasconde in sé. Quando parliamo di società e del suo rapporto con la biodiversità non è possibile escludere dai nostri ragionamenti concetti quali la resilienza delle aree urbane e la solidarietà tra gli individui. Come è possibile ritrovare in questi concetti il legame con la biodiversità?

Analizzando le statistiche che sono presentate dall’Istat e analizzate da Coldiretti si scopre che circa la metà degli italiani hanno cura di un orto, moltissimi giovani, equamente suddivisi tra uomini e donne. Si può quindi facilmente intuire come la passione per un orto in realtà sia legata alla necessità di “mettere le mani nella terra”, rendere concreto e osservabile il lavoro che l’individuo svolge, fosse anche per pochi minuti al giorno. Il desiderio di concretezza si scontra con la vita frenetica delle nostre città, dove tutto è consumo e dove il tempo è valutato in base ad aspetti economici e finanziari. Ciò che sembra lento, poco produttivo e “tradizionale” viene relegato ai margini da una società mercantilistica in cui è necessario sempre e comunque ottimizzare il profitto. Nelle pieghe di questa società “perfetta” si nascondono però tante iniziative che vanno esattamente nella direzione opposta e “antagonista”, dei fieri oppositori, non sempre consapevoli, al modello iper-consumistico.

Alla luce di quanto detto, appare evidente come non possa esistere sul tema della produzione alimentare qualcosa di più dirompente della scelta di utilizzare, seminando e raccogliendo per poi eventualmente trasformare, la ricchezza biologica o biodiversità che la nostra storia ci regala. D’altronde in nome omen direbbero i latini. Il primo nemico dell’omologazione dell’agricoltura e quindi del cibo, giustificata dalla massimizzazione del profitto, non può che essere la stessa biodiversità. Gli stessi italiani che hanno cura ed interesse per un orto sicuramente faranno parte di quella grande schiera di cittadini, calcolati in circa 30 milioni, che nel 2017 hanno acquistato almeno una volta al mese direttamente dagli agricoltori nelle fattorie e nei mercati di vendita diretta (dato Coldiretti).

Questi numeri ci fanno senz’altro pensare a come un nuovo modo di vedere lo sviluppo e la società emerga prepotentemente. I cittadini hanno la necessità di compiere atti di consumo consapevole, di “toccare” con mano il grande patrimonio enogastronomico italiano e di sentirsi rassicurati sul piano della salute e della corretta alimentazione. Tutte queste esigenze, tradotte in scelte di acquisto e nella cura di un orto, rappresentano una forma di resilienza ossia di adattamento verso una società che imporrebbe altri stili di vita. Giocoforza questo adattamento, sempre più diffuso, sta modificando anche il comportamento dei grandi interessi dell’agroalimentare. Non è così difficile trovare, nella grande distribuzione organizzata, corner o interi settori dedicati alla tradizione e a prodotti di nicchia. D’altronde richiamando elementi di anatomia ed esemplificando, un arto si muove grazie all’azione congiunta di muscoli agonisti ed antagonisti.

Così è nella società: il corretto sviluppo di una società potrà avvenire solo trovando il giusto equilibrio tra i grandi interessi economici e finanziari e la possibilità per i cittadini ed i piccoli e medi imprenditori agricoli di dialogare, facendo convergere i propri interessi.

Il tema della solidarietà è strettamente legato alla tutela della biodiversità. È incredibile osservare come ad esempio nelle fattorie sociali che fanno della solidarietà un aspetto significativo della loro azione, le tecniche agronomiche utilizzate siano rispettose dell’ambiente. Si va dal biologico a forme non ancora riconosciute come il sinergico, il biodinamico, la lotta integrata etc. Diversi studi condotti su campioni di operatori di agricoltura sociale dimostrano come ben più della metà di questi soggetti, in alcuni studi più dell’80%, conducono le attività agricole con criteri di sostenibilità ambientale e naturalità (rapporto ISMEA su agriturismo e multifunzionalità, Rapporto su Agricoltura sociale del CREA etc.). Tra le buone pratiche messe in atto sicuramente c’è il recupero delle specie e razze/varietà in via di estinzione o strettamente legate a un territorio specifico. Anche negli orti urbani, le associazioni, le amministrazioni e i singoli cittadini sviluppano le loro iniziative con un occhio di riguardo rispetto alla tematica della biodiversità e della territorialità dei prodotti. Non a caso, spesso nei bandi per la gestione degli spazi verdi comunali o dei singoli lotti uno dei criteri di assegnazione è l’utilizzo di cultivar rare e del territorio. Non solo: questo aspetto è richiamato anche nelle gare per l’assegnazione degli spazi comunali da adibire a mercati di vendita diretta. Il soggetto che propone progetti con la biodiversità come elemento distintivo, viene premiato con punteggi elevati. Come mai il mondo del sociale e della solidarietà fa della conservazione dell’ambiente e delle sue risorse un suo must? Da una prima analisi è come se la tutela dell’ambiente non possa non essere legata al rispetto e valorizzazione della persona umana anche in difficoltà: immigrati sotto tutela, diversamente abili, detenuti ed ex detenuti, disoccupati, soggetti marginalizzati o con forme di dipendenza. A questi si aggiungano bambini e ragazzi che nelle attività agricole trovano forme di didattica attiva attraverso le quali crescere e sviluppare le proprie attitudini. Ad un’analisi più attenta il vero tema è la diversità. Così come diventa necessario valorizzare le diversità umane, così è rilevante tutelare la diversità naturale e agronomica. Il rispetto per la vita di ogni singolo individuo e del pianeta nelle sue forme diventa perciò l’obiettivo da perseguire. Solidarietà, inclusione, soccorso, aiuto si specchiano nella biodiversità.

Non è un caso che nei percorsi di terapia e cura dei soggetti affetti da patologie o da dipendenze gli animali e i vegetali sono elementi centrali delle attività. Altro discorso riguarda l’economia che ruota attorno alla biodiversità in senso generale e che rappresenta un aspetto con ricadute sociali importantissime. Da questo punto di vista la quantificazione economica della biodiversità non può avvenire in modo diretto ma unicamente attraverso una misura dell’impatto della sua perdita sul benessere umano (Nunes e van de Bergh 2001), ovvero della perdita di benefici connessi alla sua conservazione. I temi della sostenibilità hanno prodotto il mutamento della biodiversità da osservazione delle forme viventi a “questione sociale” (Barbault 2004). Si parla di riconoscere alla biodiversità in senso generale la caratteristica di “metarisorsa” (Marino 2001), cioè di valore primario trasversale alla sfera ecologica, economica ed etica in un contesto di sostenibilità.

Comunque sia la Commissione europea, nella stesura dei rapporti per la valutazione sul funzionamento delle direttive Habitat e Uccelli, ha stimato il valore restituito dai servizi ecosistemici forniti da habitat e specie tra i 200-300 miliardi di euro/anno a scala europea, ed il costo necessario per mantenere pienamente funzionanti tali servizi ecosistemici intorno ai 5,8 miliardi di euro/anno, sempre a scala europea. Su tali basi, il valore “economico”garantito dalla natura in Italia grazie ai servizi ecosistemici si stima oscilli tra i 14 e i 28 miliardi di euro/anno, in relazione all’estensione e alla diversità di habitat e specie presenti in Italia.

Il costo, sempre sulla base dei parametri utilizzati dalla Commissione europea, per habitat e specie finalizzato a mantenere pienamente funzionanti i servizi ecosistemici in Italia dovrebbe oscillare tra i 400-550 milioni di euro/anno, sempre in rapporto a superficie e diversità di habitat e specie (Legambiente, 2017).

Una cosa è certa: senza la biodiversità ed i suoi servizi la vita dell’uomo sulla terra sarebbe impossibile.

 

Barbault R., Chevassus-Au-Louis B., 2004. in AA. VV. Biodiversitè, science et gouvernance – Ministere des Affaires étrangères, Paris.

Marino D. (a cura di), 2001. Le politiche e le strategie a livello nazionale ed internazionale per la salvaguardia e la valorizzazione della biodiversità.

Università degli Studi del Molise – Dipartimento SEGES.

Nunes P. A. L. D., Van De Bergh J. C. J. M., Nijkamp P., 2001. Integration of Economic and Ecological Indicators of Biodiversity, in Valuation of Biodiversity Benefits

– SELECTED STUDIES – OECD.

Legambiente, 2017. Biodiversità in Italia un patrimonio a rischio. A cura di Federica Barbera e Stefano Raimondi, Ufficio aree protette e biodiversità- Nino

Morabito, responsabile nazionale CITES, Fauna e Benessere animale.

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