23.07.2018
Se il nuovo decreto verrà convertito in legge, sarà obbligatorio per i produttori indicare le superfici produttive in conversione. Un modo per poter effettuare gli eventuali controlli e garantire così anche i consumatori
La trasparenza nei processi produttivi del cibo è un’esigenza sempre più sentita dai consumatori. In Italia, si va verso una maggiore tracciabilità anche del riso biologico, grazie a un nuovo decreto che – una volta pubblicato in Gazzetta Ufficiale – comporterà l’obbligo di indicare eventuali superfici a biologico o in conversione ad agricoltura biologica nella denuncia di superficie come già fanno i risicoltori della coltura convenzionale. Il decreto prevede, inoltre, che nella denuncia di superficie venga indicato l’organismo di controllo designato. La tracciabilità per il riso biologico italiano permetterà alla Repressione Frodi e alle autorità di fare controlli più mirati a tutela del lavoro degli agricoltori onesti e della salute dei consumatori.
Per il riso convenzionale dallo scorso febbraio è in vigore l’obbligo di indicazione dell’origine della materia prima in etichetta, così come per la pasta secca alimentare. Ora è possibile conoscere il luogo di coltivazione del riso in modo chiaro e semplice. Si spera in questo modo in un significativo calo delle importazioni dai paesi extra UE, in modo da proteggere il made in Italy e poter scegliere cosa portare in tavola in maniera informata e consapevole.
Sul riso è obbligatorio indicare in etichetta i paesi di coltivazione, lavorazione e confezionamento. Se le tre fasi hanno luogo nello stesso paese, per esempio l’Italia, è possibile utilizzare la dicitura “Origine del riso: Italia”. Se queste fasi avvengono nel territorio di più paesi possono essere utilizzate – a seconda della provenienza – le diciture paesi Ue, paesi non Ue, paesi Ue e non Ue. Le indicazioni sull’origine vanno apposte in etichetta in un punto evidente, in modo da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili e indelebili.