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05.06.2018

Ambiente e salute: cosa è la produzione integrata

Una strategia che consente di limitare i danni derivanti dai parassiti delle piante con metodi e tecniche che rispettano la natura, limitando gli effetti negativi sulla salute umana. Un approfondimento a cura di Inipa-Coldiretti Education

Con l’obiettivo di tutelare sempre di più la salute umana e proteggere l’ambiente, negli ultimi anni è stato intrapreso un processo di profonda revisione sull’uso dei pesticidi in agricoltura, il cui utilizzo eccessivo mette a rischio la corretta conservazione e riproduzione degli ecosistemi naturali.

Ne è un esempio il recente divieto europeo sull’utilizzo di 3 sostanze pericolose per la salute delle api, le quali come è noto svolgono una funzione vitale per l’agricoltura, ma non solo per quanto riguarda la produzione di miele. Infatti, forse non tutti sanno che oltre il 75% del cibo prodotto trae origine dal costante e imprescindibile lavoro di impollinazione delle api e, in tal senso, lo scorso maggio è stata festeggiata per la prima volta la Giornata mondiale delle Api, voluta dall’Onu proprio per ricordare il fondamentale contributo di questi insetti al mantenimento della biodiversità.

Tuttavia solo grazie alla progressiva adozione di normative sull’uso sostenibile dei pesticidi e l’introduzione da parte delle imprese agricole di tecniche sostenibili di produzione, si potranno in futuro assicurare ai prodotti agroalimentari un livello di sicurezza molto più elevato. L’agricoltura italiana, come la rete di Campagna Amica fa già da anni, sta infatti andando in questa direzione e a testimonianza di ciò basta osservare i dati del Ministero della Salute, secondo i quali l’Italia si posiziona al vertice mondiale della sicurezza alimentare con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (solo lo 0,6%).

In generale, però, gli obiettivi di tutela della salute umana e dell’ambiente possono essere perseguiti soprattutto con l’introduzione di particolari tecniche agricole che si pongono l’obiettivo, tra le altre cose, di ridurre l’uso dei prodotti fitosanitari. Tra queste due sono le principali:

  • l’agricoltura biologica
  • le pratiche di difesa integrata

Se più o meno tutti conosciamo qual è il valore intrinseco di acquistare prodotti biologici, anche grazie al famoso logo comunitario, non tutti i consumatori sono consapevoli dell’importanza del sistema di qualità di produzione integrata, la cui applicazione volontaria da parte delle imprese agricole, sulla base di specifici disciplinari, è rappresentata dal logo a forma di ape.

Senza entrare troppo nel tecnicismo, in generale la difesa integrata è in primo luogo una strategia che consente di limitare i danni derivanti dai parassiti delle piante con metodi e tecniche che rispettano l’ambiente, limitando gli effetti negativi sulla salute degli operatori agricoli e di tutti coloro che, per qualsiasi motivo, possono venirne accidentalmente a contatto. In secondo luogo, mentre la difesa chimica a calendario mira all’eliminazione dell’agente di danno, la difesa integrata si propone di raggiungere un equilibrio che sia soprattutto vantaggioso per l’agricoltore, oltre che per tutela della natura, della biodiversità e della salute dei consumatori. In questo senso, oltre alla riduzione dei rischi chimici legati ai fitosanitari, l’agricoltore riesce anche a decidere meglio come e quando intervenire, sulla base di un costante monitoraggio sullo stato di salute delle coltivazioni. Infatti, oltre alla sostenibilità ambientale delle produzioni, i principali vantaggi della difesa integrata sono di azzerare la resistenza degli agenti patogeni e la sua efficacia si mantiene nel lungo periodo a beneficio delle future generazioni.

Rispetto alla difesa chimica, inoltre, la difesa integrata utilizza metodologie di intervento che annullano gli effetti indesiderati sugli ecosistemi che non sono oggetto dell’intervento, preservando sia le specie antagoniste naturali di quelle dannose (ad esempio le coccinelle), gli impollinatori come le api, la fauna del terreno e le falde acquifere.

La difesa integrata e le principali pratiche agronomiche

Vediamo quindi brevemente quali sono le principali pratiche agronomiche che possono essere ricomprese all’interno del vasto concetto di difesa integrata:

– l’uso di cultivar resistenti/tolleranti certificate;

– alcune strategie di semina e trapianto che possono avere un’efficacia preventiva nei confronti dei parassiti delle piante, come ad esempio il trapianto tardivo del pomodoro in pieno campo che, coincidendo con l’innalzamento della temperatura e un abbassamento dell’umidità, riduce drasticamente l’attacco della peronospora;

consociazioni, cioè specifiche combinazioni di piante diverse nello stesso appezzamento di terra che determinano un ambiente sfavorevole allo sviluppo dei parassiti delle piante – aumentando infatti la biodiversità aumenta anche l’equilibrio, come ad esempio la contemporanea presenza di carote e cipolle per ridurre l’attacco di insetti;

ben nota è poi la rotazione delle colture su uno stesso terreno che riduce l’accumulo dei parassiti e contrasta l’impoverimento nutrizionale della terra – ad esempio inserendo alcune leguminose (fava, pisello, fagiolo) si arricchisce il terreno di azoto naturale che può essere utilizzato dalle colture successive senza necessità di ulteriori concimazioni;

irrigazione e drenaggio: con un corretto regime idrico si possono prevenire alcune malattie delle piante, specialmente in un epoca di forti cambiamenti climatici e di una distribuzione delle acque non sempre ottimale o efficiente – ad esempio l’eccessiva irrigazione può favorire lo sviluppo di malattie radicali (marciumi) e della parte aerea (peronospore, …) mentre un terreno con poca aria impedisce il corretto assorbimento dei nutrienti;

potatura e igiene: se una adeguata “chioma arieggiata” permette una migliore azione del sole e degli antagonisti che inibiscono lo sviluppo di agenti patogeni, anche l’igiene è un fondamentale mezzo preventivo in quanto la disinfettazione degli attrezzi riduce la comparsa dei parassiti – ad esempio con l’uso di mastici disinfettanti applicati ai tagli di potatura;

– l’allestimento di bordure e siepi con piante nettarifere (es. borragine) determina un incremento significativo di organismi utili quali impollinatori;

– l’eliminazione e distruzione dei residui colturali erbacei riduce le popolazioni dei parassiti delle piante;

– la corretta lavorazione superficiale del terreno consente di portare in superficie insetti e spore di microrganismi, esponendole all’attacco dei loro antagonisti e del sole;

– infine, tra i mezzi fisici e meccanici va ricordato il calore che, grazie alla tecnica nota come solarizzazione (un forte innalzamento della temperatura negli strati superficiali del terreno coprendolo con film plastici), rende inattivi semi di piante infestanti, insetti in quiescenza, nematodi e spore di funghi fitopatogeni.

Solo quando queste misure preventive e di controllo che offrono le migliori garanzie in termini di sostenibilità non si dimostrano sufficienti a garantire un’adeguata protezione delle colture, allora sarà necessario ricorrere all’utilizzo dei mezzi chimici per controllare la diffusione di un organismo nocivo.

Poter quindi prevenire con tecniche agricole sostenibili per l’ambiente e per la salute quelle condizioni che possono favorire lo sviluppo e la diffusione degli organismi dannosi per le piante coltivate, rappresenta un vantaggio non solo per i produttori professionali, ma anche per il sempre più numeroso popolo di hobby farmers che hanno la passione dell’orto e che amano vedere crescere (e poi mangiare!) prodotti freschi, genuini e di stagione coltivati nel proprio giardino, terrazzo o aree comunali abbandonate.

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