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27.02.2018

Arriva l’origine in etichetta anche per derivati del pomodoro

Un passo determinante per tutelare un patrimonio di oltre 5 miliardi di chili di pummarola italiana che rappresenta una componente fondamentale della dieta mediterranea

L’etichetta di origine obbligatoria salva il pomodoro Made in Italy dall’inganno dei prodotti coltivati all’estero e importati per essere spacciati come italiani. Lo afferma la Coldiretti nell’annunciare la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018 del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro, firmato dal Ministro per le Politiche Agricole Maurizio Martina di concerto con quello dello sviluppo economico Carlo Calenda.
 
Un passo determinante per tutelare un patrimonio di oltre 5 miliardi di chili di pummarola italiana che rappresenta una componente fondamentale della dieta mediterranea come richiesto dall’82% dei consumatori nella consultazione on line sull’indicazione di origine obbligatoria degli alimenti che ha scelto l’Hotel Ergife in via Aurelia 619 a Roma per presentare le nuove etichette con esempi concreti.
 
Finalmente  sono tolte dall’anonimato tutte le coltivazioni di pomodoro diffuse lungo tutta la penisola su circa 72.000 ettari da 8mila imprenditori agricoli e destinati a 120 industrie di trasformazione in cui trovano lavoro in Italia ben 10mila persone. Dopo 10 anni si completa per tutti i derivati del pomodoro il percorso di trasparenza iniziato il primo gennaio 2008 con l’entrata in vigore definitiva dell’obbligo di etichettatura di origine per la sola passata di pomodoro.
 
Il decreto prevede che le confezioni di tutti i derivati del pomodoro, sughi e salse prodotte in Italia dovranno avere obbligatoriamente indicate in etichetta le seguenti diciture:
a) Paese di coltivazione del pomodoro: nome del Paese nel quale il pomodoro viene coltivato;
b) Paese di trasformazione del pomodoro: nome del paese in cui il pomodoro è stato trasformato.
Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE.
Se tutte le operazioni avvengono nel nostro Paese si può utilizzare la dicitura “Origine del pomodoro: Italia”.
Per consentire lo smaltimento delle scorte i prodotti che non soddisfano i requisiti previsti dal decreto, perché immessi sul mercati sul mercato o etichettati prima dell’entrata in vigore del provvedimento, possono essere commercializzati entro il termine di conservazione previsto in etichetta.
 
Si tratta di una attesa misura di trasparenza per produttori e consumatori dopo che dall’estero sono arrivati nel 2017 ben 170 milioni di chili di derivati di pomodoro che rappresentano circa il 25% della produzione nazionale in equivalente di pomodoro fresco. Un fiume di prodotto che per oltre 1/3 arriva dagli Stati Uniti e per oltre 1/5 dalla Cina e che dalle navi sbarca in fusti da 200 chili di peso di concentrato da rilavorare e confezionare come italiano poiché nei contenitori al dettaglio è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento, ma non quello di coltivazione del pomodoro.
 
I derivati del pomodoro sono il condimento più apprezzato dagli italiani che ne consumano circa 30 chili a testa all’anno a casa, al ristorante o in pizzeria secondo le stime della Coldiretti. Ad essere preferiti, sono stati nell’ordine le passate, le polpe o il pomodoro a pezzi, i pelati e i concentrati. “Finalmente sarà possibile fare scelte di acquisto consapevoli e decidere se acquistare prodotti che arrivano da migliaia di chilometri di distanza spesso senza garantire gli standard di sicurezza europei oppure pomodori Made in Italy per sostenere l’economia e il lavoro sul territorio nazionale” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nell’evidenziare che “l’indicazione dell’origine consentirà di valorizzare la qualità delle produzioni tricolori”.

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