27.02.2018
Patata, un tubero ricco di storia. Originario delle Ande, oggi ne esistono 5mila varietà provenienti dall'incrocio genetico di 8-9 specie
La patata (Solanum Tuberosum L.) è una pianta perenne coltivata come annuale e originaria della regione andina nell’America Latina. Nonostante faccia parte della famiglia delle Solanaceae, quindi potenzialmente velenosa per l’uomo, il tubero della patata è l’unica parte commestibile della pianta.
La prima coltivazione umana della patata si pensa possa risalire tra 12 e 7 mila anni fa, intorno alla zona del lago Titicaca, al confine tra Bolivia e Perù. Per secoli fu la principale coltivazione dell’impero Inca, il cui nome dato dai conquistatori spagnoli intorno al 1532 derivava dalla lingua Quechua “papa”.
Al mondo esistono oggi circa 5.000 varietà (3.000 solo nelle Ande) provenienti dall’incrocio genetico di 8 o 9 specie; 200 sono invece quelle selvatiche.
Dalle Ande alle campagne italiane
Le Ande sono un vero hotspot di biodiversità per l’elevato numero di varietà di patate coltivate. In alcune comunità contadine andine si coltivano circa 70-100 varietà su campi a diverse altitudini e in micro-habitat differenti, le quali forniscono in alcune aree rurali il 70% delle calorie del fabbisogno alimentare.
Nel corso dei secoli, l’opera di selezione naturale e diversificazione colturale ha permesso alle popolazioni andine di sviluppare nuove varietà, adatte alla coltivazione in diversi microclimi (ad es. gelo, siccità, suoli chimicamente diversi, ecc.), in aree sempre più elevate (fino a 3-4 mila metri) e in grado di adattarsi meglio ai cambiamenti climatico-ambientali e alle epidemie parassitarie.
Con le loro tradizioni, il rispetto della sostenibilità ambientale e coltivando molte varietà di patata, i contadini andini sono riusciti a ridurre il rischio di carestie alimentari, mitigando altresì la volatilità e la variabilità annuale delle produzioni.
Al contrario, basta pensare ad esempio alla rapida diffusione in Europa di un parassita, la peronospora della patata, che nel XIX secolo provocò la terribile carestia in Irlanda, dove vi era stata invece introdotta un’intensa coltivazione mono-varietale (la Irish Lumper).
Conoscere la storia e le tradizioni agricoli ci aiutano a comprendere l’importanza della riduzione della perdita di biodiversità e la necessità di politiche e pratiche agricole basate sulla diversità genetica.
…fino ai mercati di Campagna Amica
Quando si parla di biodiversità, bisogna essere ben consapevoli di come determinati metodi o processi produttivi, dall’apparente soddisfazione economica per chi li pratica, in realtà possono condurre alla distruzione o alla scomparsa di caratteri genetici importantissimi per l’evoluzione e la selezione naturale delle specie animali e vegetali.
L’omologazione varietale (vegetale e animale), e di conseguenza anche quella alimentare, nascondono infatti potenziali pericoli per tutti noi, dalle Ande all’Oriente, passando per l’Europa.
Ed è per questo che si deve essere sempre più consapevoli che, anche come semplici consumatori, possiamo contribuire alla conservazione e alla riduzione della perdita di biodiversità facendo le giuste scelte di acquisto. Nei mercati degli agricoltori, grazie al continuo lavoro della Fondazione Campagna Amica, è infatti possibile riscoprire e valorizzare la bellezza e la genuinità della biodiversità alimentare delle campagne italiane.
Si ringrazia l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo per la collaborazione con INIPA-Coldiretti Education.