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31.01.2018

Il libero scambio che fa male al Made in Italy

Dall’Ue via libera alle imitazioni dei cibi italiani più amati all'estero; dall'Asiago giapponese al grana carioca, dal Reggianito al Parmesao, dal Provolone al Romano, fino al Sardo e alla Mortadela

Dal formaggio Asiago made in Japan al Grana carioca, dal Reggianito al Parmesao, dal Provolone al Romano, fino al Sardo e alla Mortadela, l’Unione Europea legalizza, attraverso la firma degli accordi di libero scambio, le imitazioni delle più note specialità del Made in Italy a tavola che hanno raggiunto il valore record di 60 miliardi di euro. A denunciarlo è la Coldiretti in occasione dell’inaugurazione di Fieragricola di Verona, dove sono stati esposti per la prima volta i tarocchi ufficialmente autorizzati dalla Ue nel Padiglione 9 (stand A16-B16), alla presenza degli agricoltori giunti nel capoluogo scaligero per difendere il proprio lavoro dalle scelte scellerate assunte con i negoziati commerciali.

L’ultima trattativa arrivata a minacciare l’agricoltura italiana è quella in corso con i paesi del mercato comune dell’America meridionale di cui fanno parte Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay (Mercosur). Sulle 291 denominazioni italiane Dop/Igp riconosciute dall’Unione Europea è stata proposta una lista di appena 57 tipicità da tutelare ma su 30 di queste sono state già presentate opposizioni, a partire dal Parmigiano Reggiano. Il risultato è che, di fatto, meno del 10% delle specialità Made in Italy sarà tutelato, assicurando così il benestare Ue alle imitazioni di tutti gli altri in una realtà dove la produzione locale del falso è già tra i più fiorenti del mondo. Ma a preoccupare è, tra i vari punti, anche l’apertura all’arrivo a dazio zero in Europa di grandi quantitativi di carne bovina dai paesi sudamericani. Si parla di un contingente di 70mila tonnellate che potrebbe aumentare a 100/130mila tonnellate. Ciò implica una concorrenza sleale nei confronti degli allevatori italiani e un abbassamento della qualità per i consumatori, considerato che l’86% della carne importata dall’Ue già proviene dalla Paesi Mercosur che non rispettano gli standard produttivi e di tracciabilità oggi vigenti in Italia e nel Vecchio Continente. Lo stesso discorso vale per il riso, dove il contingente tariffario sarebbe di 45mila tonnellate, ma anche gli agrumi, specie considerano le problematiche fitosanitarie dei prodotti provenienti dagli stati sudamericani contaminati da Black-spot o Macchia nera.

         

Ad aprire la strada al Mercosur è stato in realtà il Trattato di libero scambio con il Canada dove sono falsi quasi nove formaggi di tipo italiano in vendita su dieci. L’accordo con il Paese Nordamericano (CETA) ha legittimato per la prima volta nella storia dell’Unione Europea le imitazioni del Made in Italy che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele. Un accordo che colpisce anche il formaggio italiano più esportato nel mondo, il Parmigiano Reggiano, che potrà essere liberamente prodotto e commercializzato dal Canada con la traduzione di Parmesan. Ma rischia di non funzionare neppure il meccanismo delle quote di esportazione in Canada dei formaggi europei e italiani, visto che il sistema, ideato dagli stessi canadesi e accettato dall’Europa, sta portando i costi di “affitto” delle quote a valori stranamente simili a quelli dei dazi formalmente cancellati. L’accordo è già entrato in vigore a livello europeo il 21 settembre 2017, anche se in via provvisoria, ma il nuovo Parlamento italiano che uscirà dalle elezioni ha la possibilità di non ratificarlo.

Un precedente che è stato subito recepito nell’accordo definitivo tra l’Unione Europea e Giappone che autorizza per i prossimi anni la produzione e vendita di Asiago, Fontina e Gorgonzola Made in Japan ma anche di copie locali con i nomi ”grana”, ”’padano”, ”romano’, “provolone”, “mortadella” e il preoccupante via libera totale al Parmesan dagli occhi a mandorla.

“È inaccettabile che il settore agroalimentare sia trattato dall’Unione Europea come merce di scambio negli accordi internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “siamo lieti che anche l’industria alimentare italiana, con Federalimentare, si sia unita al nostro allarme prendendo posizione contro trattati che svendono l’identità dei territori e quel patrimonio di storia, cultura e lavoro conservato nel tempo da generazioni di agricoltori”.

 

 

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