09.11.2017
Con l’etichetta trasparente, il consumatore sarà libero di scegliere tra la qualità, la tipicità e la sostenibilità del prodotto nazionale e quello di importazione
Sulle confezioni di riso arriva l’indicazione “classico” solo nel caso in cui sia presente una delle varietà nazionali tradizionali in purezza (Carnaroli, Arborio, Roma o Baldo, Ribe, Vialone Nano e Sant’Andrea) e a condizione che sia garantita la tracciabilità varietale. Questi tipi di riso vengono infatti commercializzati in Italia miscelati anche ad altri appartenenti alla stessa classe merceologica, basata sulla lunghezza e larghezza, per ragioni di mercato industriale e risulta quindi fino ad ora non facile poter ottenere una confezione in purezza con solo tipo di riso.
Si aggiorna finalmente una normativa che risale al 1958 e i consumatori avranno finalmente l’opportunità di scegliere la qualità e la tipicità delle varietà più tradizionali in purezza a sostegno delle coltivazioni nazionali messe sotto assedio dalle importazioni incontrollate. Dal vero Carnaroli, nato in Italia nel 1945 dal lungo chicco, con elevati contenuto di amido e consistenza, spesso chiamato “re dei risi”, all’Arborio dai chicchi grandi e perlati che aumentano di volume durante la cottura fino al Vialone Nano, scoperto nel 1937 che è stato il primo riso ad avere in Europa il riconoscimento come Indicazione Geografica Protetta e che scuoce difficilmente mentre assorbe molto bene i sughi. Ma anche risi come il Roma e il Baldo hanno fatto la storia della risicoltura italiana.
È importante conoscere le caratteristiche soprattutto in una situazione in cui un pacco di riso su quattro venduto in Italia contiene prodotto straniero proveniente spesso da Paesi dove non sono rispettati gli stessi standard ambientali, sociali e di sicurezza. La metà del riso importato arriva infatti dall’Asia seguito dall’India, che è il principale esportatore asiatico di riso in Italia, da Pakistan, Thailandia, Cambogia e Birmania, che è diventata uno dei principali fornitori del nostro Paese.
La riforma del mercato del riso valorizza il nuovo raccolto made in Italy che è sano e di ottima qualità, con una produzione nella media nei circa 230.000 ettari seminati, in leggero calo rispetto all’anno precedente (-1,4%) in un mercato che continua a essere difficile, con prezzi che persistono a rimanere sotto i costi di produzione.
L’Italia si conferma di gran lunga il principale produttore europeo di riso nonostante la siccità e il maltempo che ha colpito a macchia di leopardo le risaie dalle quali nascono opportunità di lavoro per oltre diecimila famiglie tra dipendenti e imprenditori impegnati nell’intera filiera, senza dimenticare lo straordinario impatto sul paesaggio, sull’ambiente e sulla biodiversità con 200 varietà, iscritte nel registro nazionale.
Con l’etichetta trasparente finisce l’inganno del riso importato e spacciato per made in Italy e il consumatore sarà libero di scegliere tra la qualità, la tipicità e la sostenibilità del prodotto nazionale e quello di importazione.
Un cambiamento importante per un alimento considerato dietetico e che ha fatto registrare un aumento degli acquisti familiari nel primo semestre del 2017 (dati Ismea), anche per effetto di una rivoluzione nelle occasioni di consumo in atto nell’ultimo decennio, da primo piatto a piatto unico, da caldo a freddo, da tavola a take away.