?Quest’anno circa sei milioni di italiani hanno deciso di fare visita alle aree colpite dal terremoto durante le vacanze estive. A undici mesi di distanza dalle prime scosse emerge una decisa volontà di sostegno da parte della popolazione italiana verso i territori devastati dal sisma. Il 32% dei turisti ha scelto di rimanere per 1 o 2 giorni, il 27% per 3 o 4 giorni, il 14% per 5 o 6 giorni il 16% per una settimana o più mentre l’11% senza pernottare (indagine Coldiretti/Ixè). Un segnale importante che si è manifestato anche con dimostrazioni concrete di solidarietà da parte di clienti storici negli agriturismi e nelle altre strutture recettive e di ristorazione. La situazione resta però difficile con le presenze che sono ben al di sotto degli anni precedenti il sisma. A pesare è l’abbandono forzato delle popolazioni trasferite sulla costa che ha fatto venir meno la clientela, mettendo in grave difficoltà le aziende agricole che non hanno più un mercato locale per i propri prodotti. La ripresa dell’offerta turistica delle zone terremotate, che fondano il loro successo sulle sinergie tra cultura, ambiente e qualità alimentare, è importante per le campagne. Nei 131 comuni del cratere colpito dai terremoti operano 444 agriturismi dei quali 42 in Abruzzo, 40 nel Lazio, 247 nelle Marche e 115 in Umbria (dati Istat). “Il ritorno dei turisti italiani e stranieri è essenziale per chi come gli agricoltori è rimasto a presidiare queste terre ferite”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare l’esigenza che “la ricostruzione vada di pari passo con la ripresa dell’economia che in queste zone significa soprattutto cibo e turismo”. Proprio per sostenere la ripresa in tale direzione agricoltori e allevatori hanno lavorato duro per garantire la produzione della maggior parte delle tipicità delle zone terremotate. Sono 292mila ettari i terreni agricoli coltivati nei 131 comuni terremotati di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo, soprattutto a seminativi e prati e pascoli, da imprese per la quasi totalità a gestione familiare (96,5%). Quasi la metà del terreno agricolo per un totale di circa 140mila ettari è coltivato a seminativi, dal grano duro per la pasta all’orzo per la birra artigianale, dal farro all’avena, dai girasoli alle lenticchie e agli altri legumi. Significativa la presenza di allevamenti con quasi 65 mila bovini, 40mila pecore e oltre 11mila maiali dai quali scaturisce anche un fiorente indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi che garantiscono specialità di pregio famose in tutto il mondo (dati Istat).