Per pagarsi un semplice caffè oggi gli agricoltori devono vendere ben tre chili di risone a causa di speculazioni e inganni che colpiscono le risaie nazionali e danneggiano i consumatori. È quanto emerge dal Dossier “#SosRisoItaliano” elaborato dalla Coldiretti che ha denunciato l’aumento di cinque volte dei prezzi dalla risaia alla tavola.I prezzi del risone italiano da dicembre hanno subito un crollo del 33,4% mentre sugli scaffali dei supermercati sono rimasti pressoché stabili, con un danno per i consumatori ed una perdita per i produttori stimata in 115 milioni di euro nell’ultimo anno.
Il risone italiano viene pagato tra i 32 ed i 36 centesimi al chilo per l’Arborio e dai 33 ai 38 centesimi al chilo per il Carnaroli mentre le varietà che arrivano dall’Asia vengono pagate ad un prezzo che è circa la metà di quanto costa produrle in Italia nel rispetto delle norme sulla sicurezza alimentare e ambientale e dei diritti dei lavoratori, secondo il Dossier della Coldiretti.
L’Italia è ancora il primo produttore europeo di riso su un territorio di 237mila ettari coltivato da 4.263 aziende, per una produzione di 1,58 miliardi di chili, con un ruolo ambientale insostituibile e opportunità occupazionali, ma la situazione sta precipitando e a rischio c’è il lavoro di oltre diecimila famiglie tra dipendenti e imprenditori impegnati nell’intera filiera.
La produzione nazionale sarebbe più che sufficiente per coprire i consumi interni ma si preferisce speculare sulle importazioni low cost ad alto rischio perché è possibile spacciare il riso straniero per italiano a causa della mancanza di un adeguato sistema di etichettatura.
“Secondo la consultazione on line promossa dal Ministero delle Politiche Agricole, ben l’81,5% degli italiani vuole conoscere in etichetta l’origine del riso che acquista” ha affermato il Presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “occorre colmare il ritardo accumulato ed avviare la procedura nazionale prevista dall’Unione Europea per arrivare al più presto all’obbligo di indicare la provenienza al pari di quanto avverrà per il latte e derivati dal prossimo 19 aprile e di quanto sta per avvenire per il grano e la pasta”.
Import: 1 pacco su 4 è straniero
Dall’aumento del 346% degli arrivi dal Vietnam al +34% dalla Thailandia, mai così tanto riso straniero è arrivato in Italia come nel 2016, con una vera invasione da Oriente da cui proviene quasi la metà delle importazioni che hanno raggiunto il record storico di 244 milioni di chili. Grandi quantità sono arrivate anche da India (34 milioni di chili), Pakistan (25 milioni di chili) e Cambogia (17 milioni di chili). Il risultato è che un pacco di riso su quattro e straniero ma il consumatore non lo può sapere e non è in grado di fare scelte di acquisto consapevoli per la mancanza dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza. Ma su questo le cose stanno per cambiare. Con lo storico ok di oggi all’indicazione di origine obbligatoria per il riso si pone finalmente fine all’inganno del falso Made in Italy. Il Ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ha infatti annunciato la firma assieme al Ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, del decreto per sperimentare l’origine dei prodotti a base di riso nell’etichetta.