13.03.2017
Occhio all’origine in etichetta, la frode è sempre in agguato
?Nel 2016 gli italiani hanno premiato i prodotti con proprietà benefiche come pesce fresco e miele, con un balzo record nelle vendite di +5%, ma una crescita significativa ha registrato anche la frutta con il +2%. Il 30% dei consumatori mangia il prodotto ittico una volta alla settimana mentre un ulteriore 34% lo porta in tavola non meno di una volta al mese, secondo l’ultima indagine Eurobarometro.
Il luogo privilegiato di acquisto è per il 59% la pescheria mentre il 30% si reca al mercato e ben il 9% acquista direttamente dal pescatore. Un orientamento verso il “miglio zero”, confermato anche dal successo dei mercati di Campagna Amica, e dal fatto che il 62% degli italiani acquisterebbe più pesce se i punti di vendita fossero più presenti sul territorio: il 35% della popolazione preferisce acquistare pesce proveniente dalla propria regione e il 43% quello dei mari italiani, mentre appena una minoranza sceglie consapevolmente quello di mari lontani dai confini nazionali.
Un italiano su tre ritiene che le informazioni sul pesce non siano di facile comprensione. Una situazione che, purtroppo, lascia spazio ai diversi inganni: dal pangasio del Mekong venduto come cernia, al filetto di brosme spacciato per baccalà, fino all’halibut o la lenguata senegalese commercializzata come sogliola. Tra i più diffusi in Italia ci sono anche il polpo del Vietnam spacciato per nostrano, lo squalo smeriglio venduto come pesce spada, il pesce ghiaccio al posto del bianchetto, il pagro invece del dentice rosa o le vongole turche e i gamberetti targati Cina, Argentina o Vietnam, dove peraltro è permesso un trattamento con antibiotici che in Europa sono vietatissimi perché pericolosi per la salute.
In Italia la frode è in agguato sui banchi di vendita e soprattutto nella ristorazione dove non è obbligatorio indicare la provenienza, ma si va verso una maggiore trasparenza dell’informazione per i consumatori per distinguere più facilmente il prodotto Made in Italy. Comunque, è sempre bene verificare l’origine del pescato nel momento dell’acquisto: per legge, sul bancone l’etichetta deve prevedere l’area di pesca (Gsa). Le provenienze da preferire sono quelle dalle Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta).