La dieta mediterranea festeggia i sei anni dall’iscrizione nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità da parte dell’Unesco avvenuta il 17 novembre 2010. In questo periodo – secondo un’analisi Coldiretti e sulla base dei dati Istat relativi ai primi sette mesi del 2016 – c’è stato un incremento significativo (+36%) nel valore delle esportazioni dei prodotti base Made in Italy che hanno conquistato nuovi mercati anche grazie al prestigioso riconoscimento. Un risultato frutto dei consistenti aumenti del valore delle vendite all’estero in questo periodo di olio di oliva (+47%), vino (+45%), pasta (+28%), frutta (+26%) mentre più contenuta è stata la crescita di conserve di pomodoro (+14%) e ortaggi (+9%).
Non è un caso il fatto gli Stati Uniti abbiano sorpassato l’Italia conquistando la leadership nella dieta mediterranea con il primato mondiale nei consumi di vino e di conserve di pomodoro, mentre salgono addirittura sul podio per quello di olio di oliva, dopo Italia e Spagna (dati Coldiretti). Da patria degli hamburger, il mercato Usa è diventato anche quello a più forte consumo di vino e con 31 milioni di ettolitri ha sorpassato Francia e Italia, che si attestano rispettivamente sui 27,2 e 20,5 milioni di ettolitri. Nel 2015, con ben 308 milioni di kg gli americani a sorpresa sono saliti anche sul podio dei consumi di olio di oliva, dietro solo ad Italia in calo a 580 milioni di kg e Spagna, anch’essa in flessione a 478 milioni di kg. Gli Stati Uniti sono pure saldamente in testa nella classifica dei consumatori mondiali di conserve di pomodoro (un risultato acquisito in realtà soprattutto grazie all’abitudine, tutta americana, di condire i cibi con il ketchup) anche se è in forte crescita il mercato dei derivati tradizionalmente tricolori come passata, polpa o pelati.
Nel tempo della globalizzazione si assiste alla presenza di un numero crescente di consumatori che nel mondo è attento alla propria alimentazione, premiando i principi della dieta mediterranea il cui ruolo importante per la salute è stato riconosciuto anche con l’iscrizione della dieta mediterranea nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco. Un’attenzione che in realtà si deve proprio ad un americano: lo scienziato del Minnesota Ancel Keys, che da Acciaroli nel Cilento, dove visse per 40 anni, studiò per primo gli effetti benefici sulla salute della dieta mediterranea.
Fondato principalmente su pane, pasta, frutta, verdura, carne, olio extravergine e il tradizionale bicchiere di vino consumati a tavola in pasti regolari, questo regime alimentare finora ha consentito agli italiani di conquistare il record nella longevità: nell’Unione Europea il nostro Paese si colloca al primo posto, con 80,3 anni per gli uomini, e al terzo per le donne, con 85,2 anni. Un primato che negli anni scorsi è stato però messo a rischio dal cambiamento delle abitudini alimentari, come dimostra la presenza di 27 milioni di italiani obesi (quasi sei milioni) o in sovrappeso (21 milioni), poco meno del 60% del totale. Nel 2015 si è avuta però la svolta, con il ritorno sulle tavole con un aumento degli acquisti che va dal +5% per il pesce al +19% per l’olio di oliva ma è cresciuta anche la spesa per la frutta (+5%), per gli ortaggi freschi (+3%) e per la pasta secca (+1%). Una storica inversione di tendenza che ha fatto registrare un boom nel 2016 con i consumi di frutta e verdura che hanno raggiunto il massimo dell’ultimo quadriennio per effetto di un aumento annuale medio di 3 chili di frutta e verdura per persona. Il risultato è che quest’anno il consumo pro-capite di frutta e verdura sfiorerà i 320 chili a testa.