02.11.2016

Gli agricoltori non vogliono lasciare le loro aziende, diecimila posti da salvare

Il terremoto mette a rischio il settore agroalimentare nei paesi colpiti dal sisma. Ma gli allevatori non mollano e non vogliono lasciare soli i propri animali. Intanto arriva il freddo

         
Nonostante la paura e la terra che continua a martoriare luoghi che non trovano pace, gli agricoltori non mollano. Non vogliono lasciare i propri animali, come racconta anche la penna di Makkox in questo video.
Le continue scosse mettono a rischio un sistema che offre lavoro, solo nella fase di produzione agroalimentare, ad almeno diecimila persone ma in pericolo ci sono anche specialità conservate da secoli: dalla lenticchia di Castelluccio, paese ormai fantasma, al pecorino dei Sibillini, dal Vitellone Bianco Igp alla patata rossa di Colfiorito, dallo zafferano al tartufo, fino al prosciutto di Norcia Igp, che rappresentano un patrimonio culturale del Paese, oltre che economico e occupazionale.
È quanto stima la Coldiretti nel commentare positivamente le misure discusse nell’incontro tra il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina e gli Assessori delle Regioni colpite che prevedono, tra l’altro, il  montaggio delle stalle temporanee e dei moduli abitativi programmati a partire dalla prossima settimana, la copertura del mancato reddito delle imprese di allevamento stabilito in un aiuto a capo bovino di circa 400 euro con l’aumento degli stanziamenti da 1 a 10 milioni per gli  allevatori colpiti, nonché anticipi sui contributi europei per far fronte alle esigenze di liquidità
Arriva il freddo. Moncalvo: “Ricoveri sicuri per il bestiame”. Con l’inverno ormai  che si avvicina e le temperature che hanno cominciato a scendere, occorre una corsa contro il tempo per dare la possibilità agli allevatori di stare vicino ai propri animali con container, roulotte o moduli abitativi. Ma serve altro. “Occorrono ricoveri sicuri per il bestiame con stalle, fienili e casolari lesionati, distrutti o inagibili”, come ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nell’evidenziare “l’impegno di uomini e mezzi della Coldiretti in questi mesi per garantire sostegno alla popolazione rurale.” L’emergenza è peggiorata e "molte aziende oggi – precisa Moncalvo – rischiano di chiudere per sempre se non si creano le condizioni per restare sul posto, garantendo vivibilità e operatività per accudire il bestiame e dare continuità alle attività produttive”.
Si fa la conta dei danni. Nelle aziende agricole e in quelle agroalimentari si contano danni strutturali e anche a impianti e strumenti mentre la presenza di frane e smottamenti sulle strade rurali impedisce la circolazione e la raccolta e consegna dei prodotti. Gli animali devono mangiare tutti i giorni e le mucche essere munte due volte al giorno e per questo gli allevatori non possono trasferirsi lontano da mandrie e greggi che senza vigilanza rischiano peraltro nelle montagne di essere preda dei lupi.
Tremila le aziende a rischio. Sono circa 3mila le aziende agricole a rischio nei territori terremotati dei comuni di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo dove c’è un’elevata significativa presenza di allevamenti con oltre 100mila animali tra mucche, pecore e maiali, secondo una stima della Coldiretti che sottolinea anche la presenza di un fiorente indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi da i quali si ottengono specialità di pregio famose in tutto il mondo che sostengono che il flusso turistico che, tra ristorazione e souvenir, è la linfa vitale per la popolazione.
Oltre il 90% delle aziende agricole sono di tipo familiare condotte direttamente dal coltivatore con una forte presenza dell’agriturismo che è particolarmente presente nei comuni dell’Umbria dove tocca la percentuale del 33% sul totale delle aziende agricole presenti.

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