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13.05.2019

Pane, amore e tradizione

In tutta Italia ce ne sono circa 300 specialità locali. L’ultima novità è quello nero al carbone vegetale

Tra i componenti fondamentali della dieta mediterranea, il pane è un alimento immancabile sulle tavole del Bel Paese. Ottenuto da un impasto lievitato a base di acqua e farina di frumento (o altri cereali) e successivamente cotto in forno, il pane ha forme, mix di farine e l’aggiunta di ingredienti regionali che variano da zona a zona. Pochi paesi possono vantare il primato dell’Italia, in cui se ne contano circa 300 specialità locali.
Nel Meridione viene tradizionalmente impiegata la farina di grano duro, di norma usata per la pasta, mentre in Lombardia è molto diffuso il pane di riso, leggero e soffice, e in Emilia Romagna quello di mais, comunemente chiamato pane giallo. Nelle regioni montane del nord Italia è molto utilizzata la farina di segale, per via delle sue caratteristiche che rendono questo cereale adatto alla coltivazione in climi freddi.
Molte tipologie di pane sono spesso arricchite dai prodotti tipici regionali: è usanza preparare il pane con le olive soprattutto al sud, ma esistono varianti anche con la frutta, dalle noci ai fichi secchi, dall’uva passa al mosto d’uva, diffusi in tutto il territorio nazionale.
Dal punto di vista nutrizionale, le farine differiscono per la quantità di fibre alimentari contenute e nella proporzione dei vari nutrienti. Le farine integrali sono quelle più ricche di carboidrati, con un maggiore potere saziante e regolatore dell’attività digestiva.
È sempre più facile inoltre trovare prodotti da forno con farine senza glutine, ricavate da cereali privi della sostanza o da legumi, così come da farina di patate e di castagne.
Negli ultimi anni è inoltre cresciuto l’interesse verso le farine innovative: una delle più recenti creazioni è stata quella del pane nero al carbone vegetale. Il prodotto, oltre ad essere invitante e gustoso, è facilmente digeribile, tiene sotto controllo il colesterolo e, grazie alle sue proprietà gas-assorbenti, aiuta il benessere dell’intestino.

Etichettatura e consumi

Dallo scorso dicembre sono arrivate  le nuove norme per distinguere in etichetta il pane fresco da quello “conservato o a durabilità prolungata” con specifiche prescrizioni in merito alla denominazione e alla modalità di esposizione in vendita di quest’ultimo. Il pane che ha subito processi di surgelazione e congelamento o che contiene additivi chimici e conservanti non potrà essere più venduto per fresco e dovrà obbligatoriamente avere una etichetta con la scritta “conservato” o a durabilità prolungata. Potrà quindi ora essere denominato “pane fresco” solo il pane preparato secondo un processo di preparazione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento o surgelazione, ad eccezione del rallentamento del processo di lievitazione, privo di additivi conservanti e di altri trattamenti aventi effetto conservante. Per “processo di preparazione continuo” si intende un processo per il quale, dall’inizio della lavorazione alla messa in vendita al consumatore, non trascorrano più di 72 ore.

Sono infatti previste norme per il “pane conservato o a durabilità prolungata”, nel caso venga utilizzato un metodo di conservazione ulteriore rispetto ai metodi già sottoposti agli obblighi informativi previsti dalla normativa (ad es. pane precotto surgelato o meno). Per questa tipologia di pane nel momento della vendita deve essere fornita una adeguata informazione, al fine di evitare che il consumatore possa essere indotto in errore, riguardo il metodo di conservazione utilizzato nel processo produttivo nonché le modalità per la sua conservazione ed il consumo, attraverso un’apposita dicitura da riportare sul cartello negli specifici comparti in cui viene collocato, distinti rispetto a quelli in cui viene esitato il pane fresco.

I consumi di pane degli italiani si sono praticamente dimezzati negli ultimi 10 anni e hanno raggiunto il minimo storico con appena 80 grammi a testa al giorno per persona, un valore molto lontano da quello dell’Unità d’Italia nel 1861 in cui si mangiavano ben 1,1 chili di pane a persona al giorno. Con il taglio dei consumi  si è verificata però una svolta qualitativa con la crescita dell’interesse per il pane biologico e di grani antichi e per quello con contenuti salutistici e ad alto valore nutrizionale: a lunga lievitazione, senza grassi, con poco sale, integrale, a km 0 come il pane realizzato direttamente dai produttori agricoli di Campagna Amica anche con varietà di grano locali spesso di varietà salvate dall’estinzione.

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