LE RICETTE DEI NOSTRI CUOCHI CONTADINI
27.04.2017
Un succo di frutta si distingue da un nettare di frutta così come una confettura extra è diversa da una normale. Per non cadere nelle trappole del marketing, meglio controllare sempre gli ingredienti
Le etichette comunicano come prima cosa il “nome dell’alimento”, ovvero la sua denominazione. Questa riguarda non tanto e non solo nomi “di fantasia” (ad esempio, “fusilli”, “rigatoni”, “gobbetti”), quanto proprio il nome ufficiale e descrittivo della categoria merceologica, ad esempio “pasta di semola di grano duro”.
È molto importante fare attenzione alla denominazione dell’alimento: oltre ad essere obbligatoria per legge, ci indica “cosa” stiamo comprando, e anche il livello di qualità atteso.
Così ad esempio un “vino da tavola” è qualcosa di radicalmente diverso da un vino Doc (Denominazione di origine controllata) e pretende un prezzo diverso; un formaggio generico non è una “mozzarella” (formaggio fresco a pasta filata); un “succo di frutta” implica poi un contenuto di frutta più alto del semplice “nettare di frutta” (che ammette anche aggiunta di zuccheri); così come una “confettura extra” è diversa e migliore (con almeno il 45% di frutta) da una semplice “confettura” (che invece contempla un contenuto minore).
Il marketing spesso cerca di eludere una chiara descrizione dell’alimento, con aspetti ingannevoli: si pensi alle bevande di fantasia al gusto di arancia che vengono vendute sotto l’accattivante nome creativo di “Arancia Rossa”. Ma se leggete bene, non si troverà che mai l’indicazione della denominazione dell’alimento è “Succo di frutta”.
Un altro caso interessante nella Grande distribuzione è quello delle cotolette di pollo o tacchino arricchite con verdure o ripieni vari, i cui nomi di fantasia aiutano a distrarre l’attenzione del consumatore. Che, a una più attenta lettura delle etichette, troverà indicata sia la percentuale degli ingredienti, sia la eventuale presenza di carni di scarto separate meccanicamente.