17.06.2016

Pecorino, l’import minaccia un’eccellenza italiana

Si è ridotto del 30 per cento il prezzo del latte prodotto nel nostro Paese, nonostante la crescita del valore del formaggio

Si è verificata una vera invasione di pecorino straniero in Italia con le importazioni che sono praticamente triplicate (+181%) nel 2015 per un totale di 2,9 milioni di chili. È quanto emerge dallo studio della Coldiretti sul “Pecorino Made in Italy sotto attacco” diffuso in occasione della mobilitazione di migliaia di pastori sardi a Cagliari contro le speculazioni. Dallo scorso anno c’è stato un taglio del 30% del prezzo del latte di pecora mentre sul mercato si moltiplica la presenza di formaggio straniero. Lo dimostra lo scandalo delle quasi 4mila forme di pecorino romeno per un valore superiore ai 300mila euro privo di qualunque etichetta trasportato in condizioni igieniche pessime all’interno di un autotreno diretto in Sardegna recentemente fermato e multato dalla Polizia Stradale. Una conferma della allarmante tendenza in atto, con più di 3 forme di formaggio pecorino straniero su 4 (78%) che sono arrivate in Italia nel 2015 dall’Europa dell’Est, in particolare dalla Repubblica Ceca e dalla Romania. Sotto accusa anche la mancanza di trasparenza sui flussi delle importazioni, con la necessità di un intervento delle istituzioni che tolga il segreto sui nominativi delle aziende che importano.
In Sardegna si trova il 40% delle pecore allevate in Italia con ben 15mila aziende che producono 3 milioni di quintali di latte destinato per il 60% alla produzione di Pecorino Romano Dop, ma riconosciti dall’Unione Europea ci sono anche il Fiore Sardo Dop e il Pecorino Sardo Dop. Dalla mungitura quotidiana di una pecora si ottiene in media un litro di latte che viene pagato oggi al ribasso appena 80 centesimi, nonostante l’andamento positivo delle esportazioni di pecorino che nel 2015 sono aumentate in valore del 16%.
La Sardegna è nel Mediterraneo la terra in cui è più alta la concentrazione di pecore: più di due ogni abitante, oltre 3,2 milioni di capi per 1,5 milioni di persone. Le forme paesaggistiche dell’Isola dipendono dal fatto che ben il 70% del territorio è destinato al pascolo dal quale gli animali traggono alimento, grazie alle essenze foraggere spontanee o coltivate che rendono inscindibile il legame con l’elevata qualità dei formaggi e delle carni  È provato scientificamente che i prodotti alimentari derivanti da animali che pascolano hanno effetti positivi sulla salute dell’uomo perché sono ricchi di sostanze nutraceutiche. Non a caso in Sardegna si registra un alto numero di centenari: 22 ogni 100mila abitanti, la seconda regione più longeva del mondo dopo la giapponese Okinawa.
Il pecorino è uno dei formaggi italiani più antichi: veniva prodotto già nella Roma imperiale e faceva parte delle derrate date ai legionari, ma è probabile che le sue origini vadano ancora più indietro nel tempo, vista la diffusione delle pecore sul territorio nazionale. 

Imitazioni ed export
Negli Stati Uniti 7 pecorini di tipo italiano su 10 sono “tarocchi” nonostante il nome richiami esplicitamente al Made in Italy. La produzione di imitazioni dei pecorini italiani nel 2015 ha raggiunto negli Usa il quantitativo di quasi 24,96 milioni di chili, con una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni, mentre gli arrivi dei prodotti originali dall’Italia nello stesso anno sono risultati pari a 10,81 milioni di chili.
Oltre la metà della produzione di Romano cheese e similari viene realizzata in Wisconsin, ma ingenti quantità si producono anche in California e nello Stato di New York. Se il nome è simile, le caratteristiche sono profondamente differenti perché il formaggio Made in Italy originale deve rispettare rigidi disciplinari di produzione con regole per l’allevamento e la trasformazione e un sistema di controlli, a differenza di quello realizzato negli Stati Uniti che peraltro non contiene latte di pecora, ma è ottenuto da quello vaccino.
Le imitazioni del pecorino nostrano con prodotti cosiddetti “Italian sounding” riguardano in realtà diversi continenti. Dal Romano cheese degli Stati Uniti, anche già grattugiato o in mix con il parmesan, al pecorino Friulano del Canada dove si vendono anche il Crotonese e il Romanello, tutti rigorosamente fatti da latte di mucca come il Sardo argentino o il Pecorino cinese, dove una mucca sorridente si trova pure in etichetta (incurante del significato del nome Pecorino), mentre esiste addirittura un kit per la produzione casalinga del Romano venduto da una ditta inglese a circa 120 euro e che contiene recipienti, colini, garze, termometri, piccole presse oltre a lipasi e altre polveri attraverso le quali è possibile realizzare una chiara contraffazione.
La diffusione delle imitazioni toglie spazio di mercato al pecorino originale che nel 2015 ha aumentato il valore delle esportazioni del 16% grazie alle straordinarie performance realizzate nel Stati Uniti (+20%) che sono il principale mercato di sbocco del pecorino italiano, ma risultati estremamente positivi si hanno anche in Europa con una crescita del 19% in Gran Bretagna e del 17% in Francia nonostante la storica rivalità (elaborazioni Coldiretti su dati Istat relativi al 2015). E un successo importante si registra in Giappone con un incremento delle vendite del 12% mentre in Cina l’aumento è addirittura del 410% anche se le quantità sono ancora ridotte. La situazione sui mercati esteri potrebbe dunque ulteriormente migliorare se ci fosse una seria azione di contrasto alle imitazioni che tolgono spazio ai prodotti originali.

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