31.05.2016

Latte, via libera all’origine in etichetta

I consumatori potranno finalmente scegliere il prodotto made in Italy, attualmente minacciato dalle importazioni di materia prima a basso costo

Via libera all’obbligo di indicare in etichetta la provenienza del latte e dei derivati, come formaggi o yogurt. Lo hanno annunciato oggi il premier Matteo Renzi e il Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina in occasione della Giornata nazionale del latte Italiano a Milano, dove si svolge l’appuntamento nazionale in occasione del Milk World Day celebrato dalla Fao in tutto il mondo.
Un risultato storico per allevatori e consumatori, che nella metà dei casi sono disposti a pagare il vero Made in Italy alimentare fino al 20% in più mentre c’è addirittura un 12% che è pronto a spendere cifre ancora maggiori pur di avere la garanzia dell’origine nazionale. Un risultato che risponde alle esigenze di trasparenza degli italiani che secondo la consultazione pubblica online del Ministero dell’agricoltura in più di 9 casi su 10  considerano molto importante che l’etichetta riporti il Paese d’origine del latte fresco (95%) e dei prodotti lattiero-caseari quali yogurt e formaggi (90,84%), mentre per oltre il 76% lo è per il latte a lunga conservazione. Un risultato che arriva a undici anni esatti dall’introduzione dell’obbligo di indicare l’origine per il latte fresco fortemente voluto dalla Coldiretti anche per sostenere i consumi di un alimento fondamentale nella dieta degli italiani. Con l’etichettatura di origine si dice finalmente basta all’inganno del falso Made in Italy: 3 cartoni di latte a lunga conservazione su 4 venduti in Italia sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero, ma nessuno lo sa perché non è obbligatorio riportarlo in etichetta.
Oltre 1 milione e 700mila di mucche presenti in Italia possono finalmente mettere la firma sulla propria produzione di latte, formaggi e yogurt che è garantita a livelli di sicurezza e qualità superiore grazie al sistema di controlli realizzato dalla rete di veterinari più estesa d’Europa, ma anche ai primati conquistati a livello comunitario con la leadership europea costruita su 49 formaggi a denominazione di origine realizzati sulla base di specifici disciplinari di produzione.
Ad essere tutelati sono i consumatori italiani che hanno acquistato nel 2015 una media di 48 chili di latte alimentare a persona mentre si posizionano al settimo posto su scala mondiale per i formaggi con 20,7 chilogrammi per persona all’anno dietro ai francesi con 25,9 chilogrammi a testa, ma anche da islandesi, finlandesi, tedeschi, estoni e svizzeri. L’obbligo di indicare l’origine in etichetta salva dall’omologazione l’identità di ben 487 diversi tipi di formaggi tradizionali censiti a livello regionale territoriale e tutelati perché realizzati secondo regole tramandate da generazioni che permettono anche di sostenere la straordinaria biodiversità delle razza bovine allevate a livello nazionale.
Ad essere maggiormente protetti ora sono 120mila posti di lavoro nell’attività di allevamento da latte che generano lungo la filiera un fatturato di 28 miliardi: la voce più importante dell’agroalimentare italiano dal punto di vista economico, ma anche da quello dell’immagine del Made in Italy. La scelta di trasparenza fatta in Italia è importante per essere più forti anche nella lotta all’agropirateria internazionale sui mercati esteri, dove i formaggi Made in Italy hanno fatturato ben 2,3 miliardi (+5%) solo nel 2015.
Le importazioni. L’Italia è diventata il più grande importatore di latte nel mondo: oggi tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri mentre la metà delle mozzarelle sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero.
Dalle frontiere italiane passano ogni giorno 24 milioni di litri di “latte equivalente” tra cisterne, semilavorati, formaggi, cagliate e polveri di caseina, per essere imbustati o trasformati industrialmente come made in Italy.
Nell’ultimo anno hanno addirittura superato il milione di quintali le “cagliate” importate dall’estero, che ora rappresentano circa 10 milioni di quintali equivalenti di latte, pari al 10 per cento dell’intera produzione italiana. Si tratta di prelavorati industriali provenienti soprattutto dall’Est Europa che consentono di produrre mozzarelle e formaggi di bassa qualità.
La produzione. Negli ultimi dieci anni si è praticamente dimezzato il numero di stalle presenti in Italia dove nel 2015 si è raggiunto il minimo storico di 33mila allevamenti, rispetto ai 60mila attivi nel 2005, per effetto del crollo del prezzo pagato agli allevatori che è sceso addirittura al di sotto dei costi di alimentazione del bestiame.
La pressione delle importazioni di bassa qualità spacciate come Made in Italy hanno fatto crollare il prezzo alla stalla fino anche a 0,30 euro al litro che non consentono neanche di garantire l’alimentazione degli animali e che spingono le aziende alla chiusura. In altre parole gli allevatori devono vendere 3 litri di latte per bersi un caffè al bar, 4 litri per un pacchetto di caramelle, 4 litri per una bottiglietta di acqua al bar e quasi 15 litri per un pacchetto di sigarette. Per ogni milione di quintali di latte importato in più scompaiono 17mila mucche e 1.200 occupati in agricoltura ma quando una stalla chiude si perde un intero sistema fatto di animali, di prati per il foraggio, di formaggi tipici e soprattutto di persone impegnate a combattere lo spopolamento e il degrado spesso da intere generazioni.

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