L’inverno pazzo taglia del 30% il raccolto di mimose. Fiore che da 70 anni esatti è stato scelto come simbolo della festa delle donne: accadeva l’8 marzo 1946, due giorni prima della prima partecipazione femminile al voto in Italia. La scelta di regalare un fiore era stata fatta in sintonia con quanto avveniva in Francia con le violette. La mimosa sboccia in questo periodo e assume il significato di autonomia e libertà, ma è anche un fiore che dietro una fragilità apparente mostra una grande forza data la sua capacità di crescere anche in terreni difficili.
L’omaggio della mimosa assume così un importante valore ambientale perché è realizzata in Italia con tecniche eco-compatibili soprattutto nei tipici terrazzamenti che si affacciano sul mare, altrimenti destinati al degrado e all’abbandono. Quest’anno un inverno particolarmente mite ha fatto fiorire le piante già a partire dal Natale e la produzione disponibile è stata decurtata di 1/3 a causa dell’anticipo di maturazione. Anche le piante coltivate in terreni altimetricamente più elevati hanno completato la fioritura prima del previsto e il prodotto disponibile è stato salvato con la frigo conservazione. Si stima comunque che saranno almeno 10 milioni i ramoscelli di mimosa regalati in occasione della festa della donna secondo una tradizione che si conserva nel tempo.
Al consumo i ramoscelli hanno prezzi che variano dai 2 ai 15 euro a seconda della qualità, delle dimensione del mazzo e deIla confezione. I ramoscelli offerti sono praticamente tutti di produzione nazionale e soprattutto della provincia di Imperia in Liguria dove operano circa 1.500 produttori e si realizza oltre il 90 per cento della produzione nazionale che per ben il 40 per cento viene destinata all’esportazione sul mercato olandese, ma anche in quello svizzero, francese e del nord Europa. Per conservare l’omaggio è bene tagliare quanto prima gli steli che devono rimanere per due ore in acqua pulita e inacidita con due gocce di limone. Vanno quindi collocati in penombra e mantenuti in ambiente fresco e umido perché la mimosa rilascia molta acqua attraverso la traspirazione e bisogna evitare che la grande perdita di liquidi faccia seccare rapidamente il fiore. Dal punto di vista botanico si tratta in realtà un’acacia dealbata, arbusto sempreverde originario delle zone tropicali, che insieme al genere della mimosa appartiene all’unica famiglia delle Leguminose. Le varietà più diffuse sono la Floribunda e la Gaulois che è più rigogliosa. Le foglie di mimosa, composte da tante foglioline verde chiaro, in caso di pericolo (per esempio se vengono sfiorate o la temperatura supera i 20 gradi) si ritraggono, ed è per questo particolare atteggiamento che ha preso il nome scientifico "mimus", dal latino attore mimico. La mimosa venne introdotta in Europa intorno al 1820 e con il passar del tempo riuscì ad adattarsi molto bene al clima italiano, soprattutto nelle zone temperate come la Liguria. Nei paesi d’origine come Sud America e Australia dove è considerata fiore nazionale, la mimosa raggiunge i 30 metri di altezza, in Europa, invece, non supera i 10 metri.