19.05.2015
Una lunga serie di primati ci fa salire sul podio della sostenibilità e rende sempre più appetibile per i giovani fare impresa nel settore
L’agricoltura italiana è diventata la più green d’Europa con il maggior numero di certificazioni alimentari a livello comunitario per prodotti a denominazione di origine Dop e Igp che salvaguardano tradizione e biodiversità, la leadership nel numero di imprese che coltivano biologico, la più vasta rete di aziende agricole e mercati di vendita diretta a km zero che non devono percorrere lunghe distanza con mezzi di trasporto inquinanti, ma anche la minor incidenza di prodotti agroalimentari con residui chimici fuori norma e la decisione di non coltivare Organismi geneticamente modificati come avviene in 23 Paesi sui 28 dell’Unione Europea.
L’Italia è l’unico Paese che può vantare 271 prodotti a denominazione di origine (Dop/Igp) superiori a quelle registrate dalla Francia, su ben 43.852 imprese biologiche pari al 17% di quelle europee, davanti alla Spagna ma è anche al vertice della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,2%), quota inferiore di quasi 10 volte rispetto alla media europea (1,9%) e di oltre 30 volte quella dei prodotti extracomunitari (6,3%).
La rete di vendita diretta degli agricoltori di Campagna Amica ha quasi 10mila riferimenti dove acquistare lungo tutta la Penisola prodotti alimentari a chilometri zero con una azione di sostegno alle realtà territoriali ed un impegno contro inquinamento ambientale per i trasporti che non ha eguali negli altri Paesi dell’Unione e nel mondo. Un percorso reso possibile dal grande sforzo di rinnovamento dell’agricoltura italiana dove una impresa su tre è nata negli ultimi dieci anni con una decisa tendenza alla multifunzionalità, dalla trasformazione aziendale dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche agli agriasilo ma anche le attività ricreative come la cura dell’orto e i corsi di cucina in campagna, l’agricoltura sociale per l’inserimento di disabili, detenuti e tossicodipendenti, la sistemazione di parchi, giardini, strade e la cura del paesaggio o la produzione di energie rinnovabili.
Un cambiamento che è stato recentemente riconosciuto anche dall’Istat che ha proceduto ad una rivalutazione del valore aggiunto del settore agricolo pari al 7,5% (con un impatto positivo sul Pil di 0,1 punti percentuali) per considerare le “nuove attività emergenti come la produzione di energie rinnovabili (essenzialmente fotovoltaico e biomasse), le fattorie didattiche, le attività ricreative, l’artigianato in azienda, l’agricoltura sociale, le vendite dirette, la produzione di mangimi, la sistemazione di parchi e giardini, la manutenzione del territorio e del paesaggio”. A cogliere queste opportunità sono soprattutto i giovani come dimostra il fatto che nell’ultimo trimestre del 2014 si è verificato un aumento congiunturale dell’ 1,5 per cento delle imprese agricole condotte da titolari entro i 35 anni di età che sono salite a 49.871, il 70 per cento delle quali svolge attività multifunzionali (dati Coldiretti).