02.04.2015

Pesce in tavola per il Venerdì Santo: la tradizione resiste

Lo mangeranno più di 4 italiani su 10. I consigli per scegliere il prodotto più fresco

Saranno più di 4 italiani su 10 (il 42 per cento) porteranno in tavola pesce per il Venerdì Santo, rispettando una tradizione culturale e religiosa profondamente radicata nel nostro Paese. È quanto emerge da una indagine Coldiretti/Ixè sui consumi degli italiani a Pasqua. Coldiretti Impresapesca stima per il solo venerdì un consumo complessivo di circa 15 milioni di chili di pesce e una spesa di 140 milioni di euro. Il 34 per cento degli italiani si orienta su pesce dei mari nazionali mentre il 6 per cento è indifferente alla provenienza e appena il 2 per cento ricerca prodotti ittici provenienti dall’estero come il salmone, secondo l’indagine Coldiretti/Ixè. Ad essere preferito in questa occasione è soprattutto il pesce azzurro, dalle alici alle sardine fino agli sgombri venduti a prezzi contenuti secondo i criteri di sobrietà richiesti dalla ricorrenza, senza tuttavia rinunciare al gusto e alla salute per l’elevato contenuto di grassi insaturi e in particolare del tipo omega tre. L’obbligo dell’astinenza dalle carni non proibisce, infatti, di consumare pesce, uova e latticini, ma mette al bando cibi e bevande particolarmente ricercati o costosi. I menu del venerdì Santo saranno quelli tipici delle tradizioni locali, cucinati secondo ricette semplici nel rispetto della giornata di riflessione come la pasta con le sarde in Sicilia, le tradizionali zuppe di pesce che assumono nomi differenti a seconda delle regioni e che nel nord Adriatico si consumano assieme alla polenta, fino alle ricette tipiche regionali come le alici scottadito con o senza pan grattato, o le sarde in saor con cipolla (tipica ricetta veneta), le seppie con i piselli, fagioli e cozze (ricetta pugliese), vongole e ceci (ricetta marchigiana), la ministra di pesce con gallinelle e ghiozzi, le uova sode col tonno o gli spaghetti al ragù di mare.
Per effettuare acquisti di qualità al giusto prezzo è meglio, laddove possibile, di acquistare direttamente dal pescatore o, se da un’attività commerciale, di verificare sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere, dal mese di dicembre 2014, l’area di pesca (Gsa). Le provenienze da preferire sono quelle dalle Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta). Nelle etichette sarà indicata, inoltre, la tecnica di pesca (come rete, nasse, strascico, lampara) e, su base volontaria, la provenienza esatta di pesci, molluschi e crostacei.
Al momento dell’acquisto occorre comunque controllare che la carne del pesce abbia una consistenza soda ed elastica, che la pelle sia lucida, che le branchie abbiano un colore rosso o rosato e che siano umide e gli occhi non siano secchi o opachi o concavi, mentre l’odore non deve essere forte, sgradevole o con richiami all’odore dell’ammoniaca.  Se non si è in grado di conoscere bene le specie e la qualità è meglio non scegliere pesci già mutilati della testa e delle pinne. Altrimenti è meglio affidarsi ad un pescatore o ad una pescheria di fiducia. [Guarda i tutorial di Campagna Amica – Pesce fresco, come riconoscerlo]
Il consumo domestico di pesce fresco naturale è aumentato del 2,1 per cento nel 2014 con l’aumento più rilevante per le sardine (+6,4 per cento) mentre la riduzione più marcata è per le vongole con un calo del 6,7 per cento anche per i vincoli comunitari posti alla pesca, secondo elaborazioni Coldiretti su dati Ismea relativi ai primi undici mesi.

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