Il settore del vino – una delle punte di diamante del Made in Italy – affronta l’attuale grave crisi alimentari dei consumi interni, ma è comunque leader nel mondo grazie alle sulle esportazioni e ad un’innovazione senza precedenti, che valorizza la distintività del prodotto e il legame con il territorio e la cultura locale. Solo l’Italia è in controtendenza rispetto a quel che è avvenuto a livello globale, dove invece quest’anno sono cresciuti i consumi, raggiungendo 245,2 milioni di ettolitri (+0,6 per cento). Un risultato che è l’effetto dell’aumento della domanda in Cina con 18 milioni di ettolitri (+9 per cento) e negli Stati Uniti con 29 milioni di ettolitri (+2 per cento). In Europa i consumi crescono un poco in Francia e sono invece stabili in Germania, Portogallo e Grecia mentre calano, oltre che in Italia, anche in Spagna di 60 milioni di litri in un solo anno.
Si sta dunque profondamente modificando la mappa internazionale della domanda di vino in una situazione in cui dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV) che ha stimato la produzione mondiale di vino in calo del 5 per cento a 251 milioni di ettolitri che rappresenta il minimo storico da quando sono iniziate le rilevazioni. I consumi di vino degli italiani sono scesi ad un valore che è leggermente superiore a quello di 21,5 milioni di ettolitri fatto segnare dalle esportazioni, che invece negli ultimi dieci anni sono aumentate in quantità del 58 per cento. Ma l’Italia resta saldamente il maggior esportatore di vino nel mondo dove quasi una bottiglia scambiata su cinque è Made in Italy. Con un valore record delle spedizioni di 4,7 miliardi di euro nel 2012, il vino si classifica come il prodotto agroalimentare italiano più esportato nel 2012. Negli Stati Uniti il vino italiano supera lo storico tetto di un milione di euro in valore, con un aumento del 6 per cento mentre un incremento a due cifre si registra in Cina, dove le bottiglie tricolori stanno conquistando sempre più spazi di mercato (+17 per cento, da 66 milioni a 77 milioni). Ma è l’intero continente asiatico a rivelarsi terra di conquista per i nostri prodotti, con un aumento netto del 20 per cento. Tra le destinazioni storiche si registra un aumento del 4 per cento in Germania che è il secondo mercato dopo gli Usa, del 5 per cento in Gran Bretagna, dell’11 per cento in Canada mentre c’è un calo del 15 per cento in Russia.
Se è l’export a trainare il settore, a livello nazionale è boom per gli acquisti di vini autoctoni con un aumento del 24 per cento di bottiglie stappate per il Pecorino ma anche del 14 per cento per il Pignoletto fino al 10 per cento di incremento fatto segnare da Falanghina e Negroamaro. Nel tempo della globalizzazione gli italiani bevono locale con il vino “chilometri zero” che è il preferito nelle scelte di acquisto in quasi tutte le realtà regionali, dal Piemonte dove la Barbera e il Dolcetto sono i più gettonati alla Toscana dove in tavola si versa soprattutto Chianti e Morellino fino alla Sicilia con il Nero d’Avola e l’Alcamo in testa.
Il forte legame del vino con il territorio di produzione, le abitudini di consumo, ma forse anche una maggiore attenzione dei cittadini al sostegno dell’economia locale in un momenti di crisi ha come risultato il fatto che le bottiglie più richieste sono quelle prodotte a livello regionale, da Sud al Centro fino al Nord del Paese. Percorrendo la Penisola dall’alto in basso spicca come i veneti diano la loro preferenza ai Cabernet e ai Merlot, manifestando una certa simpatia per il Lambrusco dell’Emilia-Romagna. Vino, quest’ultimo, che domina incontrastato nelle preferenze degli emiliano-romagnoli che mettono al secondo e al terzo posto, rispettivamente il Sangiovese e il localissimo Pignoletto. Nelle Marche impera il Verdicchio mentre in terza posizione per quanto riguarda le preferenze c’è l’autoctona Passerina. Molto territoriali anche gli abruzzesi che acquistano preferibilmente Montepulciano, Trebbiano e Pecorino. Solopaca e Aglianico sono i vini particolarmente graditi dai campani, mentre i pugliesi mettono in tavola, oltre al Primitivo e al Negroamaro, anche il Sangiovese toscano o emiliano. Infine, se saltiamo nella seconda isola italiana, i sardi dimostrano un grande attaccamento alle proprie vigne riempiendo i bicchieri degli autoctoni Cannonau, Vermentino e Monica di Sardegna.
La domanda sostenuta di vini di produzione locale ha spinto la nascita a livello regionale di numerose realtà per favorirne la conoscenza, la degustazione e l’acquisto. Sono molte le aziende vitivinicole che aprono regolarmente o in speciali occasioni le porte ai visitatori per far conoscere la propria attività con i metodi di produzioni dal vigneto alla cantina. Sono circa 1.300 i produttori di vino certificati che fanno parte della rete di vendita diretta di Campagna Amica attraverso punti vendita e mercati degli agricoltori dove vengono offerti solo vini locali a chilometri zero.